Apple Irlanda e la competizione fiscale

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La competizione fiscale è considerata, dal pensiero neo-liberista predominante in Europa, come qualcosa di positivo.Così, soprattutto in paesi di piccola dimensione portare praticamente a zero l’imposizione fiscale, in cambio di investimenti ed occupazione, è conveniente 

La commissaria europea Margrethe Vestager ha inflitto una multa di 13 miliardi, più interessi, alla Apple. Anche se la ragione è connessa con una questione di imposte non versate dalla Apple al governo irlandese, non si tratta di evasione fiscale. La Vestager è titolare del settore concorrenza (quindi innanzitutto antitrust) non del settore fiscale, ed ha agito per un illegittimo “aiuto di Stato”, che nel caso ha preso la forma di un sostanzioso risparmio d’imposta concesso dal governo irlandese alla Apple.

 Una connessione tra competizione fiscale e aiuto di Stato c’è, ma non è la competizione fiscale ad essere messa in discussione, quanto un uso eccessivo ed improprio di essa. La competizione fiscale è da sempre considerata, dal pensiero neo-liberista predominante in Europa, come qualcosa di positivo. Lasciando agire la competizione fiscale si pone un freno alla pressione fiscale nei singoli paesi, quindi alla spesa pubblica. Ovviamente quella che conta è la competizione sui redditi da capitale, che è il fattore mobile per eccellenza.

Per quanto riguarda redditi da lavoro (a parte limitate eccezioni), e a maggior ragione per i redditi da immobili, il tema ha minore importanza. Non a caso quando il governo irlandese, in seguito agli eccessi delle sue banche, ha dovuto chiedere aiuto finanziario alla UE, ha resistito alle insistite richieste di aumentare l’aliquota del 12,5% sui redditi delle società, mentre si è detto del tutto disponibile ad aumentare le imposte  sui lavoratori.

Naturalmente non è stata solo l’Irlanda a creare un semi-paradiso fiscale nell’UE. Lussemburgo, Olanda e anche Regno Unito hanno creato regimi agevolati per le società finanziarie, per i redditi da brevetti e simili, spingendo tutti gli altri paesi ad adottare misure simili. Ma non basta; la logica della competizione fiscale spinge le grandi società multinazionali a chiedere di più, e i governi a concedere. Soprattutto in paesi di piccola dimensione, molto aperti agli scambi internazionali, portare praticamente a zero l’imposizione fiscale, in cambio di investimenti ed occupazione, è conveniente. E questo è il caso della Apple. Ma a questo punto subentra il tema dell’aiuto di Stato. Infatti la riduzione (al 2% e anche meno) accordato a Apple crea una differenza di trattamento rispetto alle società che in Irlanda versano il 12,5%.  

  La normativa sugli aiuti di Stato in Europa non ha confronto con gli USA. Lì esiste da oltre un secolo la normativa antitrust, che ha rappresentato l’esempio delle regole europee. Ma nei paesi dell’UE oltre a vigilare sulla concorrenza sleale tra le imprese private, la Commissione Europea vigila anche per evitare che siano i governi a distorcere, con provvedimenti ad hoc a favore di qualche impresa, la concorrenza tra le imprese dei diversi paesi, o anche tra le imprese di un dato paese. Per esempio nel 2012 la Commissione ha condannato l’Italia per aiuti di Stato, cioè sgravi fiscali non ammessi a favore degli enti ecclesiastici, nella gestione di scuole, cliniche e alberghi, cioè attività di tipo economico.

 L’indirizzo della Commissione in tema di aiuti di Stato è stato da tempo caratterizzato da interpretazioni sempre più restrittive, in alcuni casi in modo esagerato. Così all’Italia è stato proibito di applicare una riduzione dei contributi per i lavoratori delle imprese che producono nel Mezzogiorno, consentendo solo sgravi limitati nel caso di incrementi di occupazione. Quindi se l’Italia volesse imitare ciò che ha fatto una decina di anni fa la Germania, cioè ridurre i contributi sociali aumentando l’iva, potrebbe farlo, perché questa sarebbe una competizione fiscale lecita. Ma una fiscalizzazione solo per una parte del territorio, per quanto grande, non è possibile. E’ chiaro quindi che lo sgravio fiscale concesso dal governo irlandese alla Apple ha tutte le caratteristiche per essere considerato un aiuto di Stato. Le proteste del governo USA e le minacce della società di Cupertino sono state inutili.

 E la competizione fiscale? Qualche cambiamento di accenti si sta verificando, aiutato anche dalla brexit, dato che è sempre stato il Regno Unito che ha sostenuto con maggior insistenza la competizione fiscale. Venti anni fa il governo italiano (ministro delle Finanze vincenzo Visco) propose di iniziare un processo di armonizzazione della imposizione sulle società, studiando il modo di omogeneizzare le regole sulla definizione delle basi imponibili. Ora sembra che quella proposta ritorna sul tavolo del Consiglio europeo dei Ministri.       

Ruggero Paladini

Economist - Professor of "Scienza delle Finanze" at University "La Sapienza" Roma; Member of the Economic Board of Insight - ruggero.paladini@uniroma1.it