Case nuove tra ricordi e solitudine in America

Sottotitolo: 
il desiderio di costruire ricordi prima ancora di averli vissuti.  

“Qui potrete costruire i vostri ricordi”. Una frase ripetuta più volte dai “simpatici” agenti che, nella deep America ignota alle elites newyorkesi e californiane, vendono e ristrutturano case. Case di quelle che abbiamo imparato a conoscere dalle serie televisive statunitensi: indipendenti, con garage e green anteriore, cortile posteriore, se del caso con piscina e, questo sempre, un luogo dove accendere il barbecue. Le casette che disegnano i bambini alle elementari, insomma, con il tetto a spioventi, la cassetta delle lettere sulla strada, gli abbaini.

Dove accade tutto ciò? In alcune trasmissioni televisive che i critici emunctae naris definirebbero trash (Real-time, ad esempio), doppiate in italiano e a noi proposte, nonostante l’apparente, radicale distanza culturale che ce ne separa.

Di solito i venditori fanno visitare ai loro potenziali acquirenti tre case diverse, ma non lontane dai loro desiderata, dinnanzi alle quali, immancabilmente, le stesse coppie felici non fanno che urlacchiare “Adoro!”, “Oh mio Dio!” “Non è possibile!” e così via stupefacendosi.

Le dimensioni delle case variano moltissimo: si va da improbabili minicase semipermanenti di 20 mq, sistemabili un po’ dovunque, destinate agli amanti della natura e degli animali, ma soprattutto a chi possiede poche risorse, a villoni in riva a fiumi, laghi e mari, con molo privato e piscina, a baite di legno, assai rudi, in luoghi impossibili dell’Alaska, corredate da salmoni, alci e orsi.

Si dirà: tutte sciocchezze! Tutto falso! Tutto di cartapesta!

Vero. Ma di cartapesta ormai viviamo anche nella nostra quotidianità e non solo nel Real-time americano, che ha almeno il pregio di non fingere, di non voler darcela a bere.

Questa sorta di redivivi “villaggi Potëmkin” devono essere comunque percorsi, perché le quinte di cartone nascondono e, se si vuole, proteggono dall’autodistruzione una realtà vera e per molti versi atroce, che dobbiamo conoscere se vogliamo comprendere dove ci troviamo e dove stiamo andando.

 Da queste trasmissioni mi pare emerga innanzi tutto un lacerante grido di solitudine e di perdita di identità, che viene surrogata in diversi modi, ma sempre e solo utilizzando cascami di una cultura un tempo egemone, oggi ormai incapace di operare sintesi tra alto e basso, di dare un volto alla società globale.

Di qui la costante ricerca da parte delle coppie che vogliono una casa nuova di un fuoco, che sia camino o cucina poco importa, di mobili non antichi, troppo lontani e incomprensibili, ma vecchi (vintage), che echeggino non già la grande storia e i grandi movimenti artistici (impero, stile floreale, ecc.), ma più semplicemente l’altro ieri, la nonna, di cui si celebrano quotidiani trionfi, alla ricerca di quello che i tedeschi definirebbero gemütlich.  Un neo-Biedermeier, insomma. Più in là di questo non si riesce ad andare.

Di qui il desiderio di costruire ricordi prima ancora di averli vissuti. Un’operazione che vediamo quotidianamente e frequentissimamente esperita da chi vede il mondo attraverso il proprio cellulare, da chi cioè fotografa ancor prima di vedere la realtà dell’oggetto fotografato.

Beninteso, tutto ciò non ha nulla a che fare con la Storia. Stiamo vivendo un’età densa di “storie”, di memorie e di ricordi, cioè a dire di frantumi sentimentali di eventi trascorsi, che, per dirla con Pascarella, “nun so’ fatti”.

Bisognerebbe perciò riflettere con grande attenzione sulla gravità di quella frase che emerge apparentemente innocua da una povera trasmissione televisiva. Le persone che vivono, che so, a Waco, nel Texas, – che siamo anche noi o lo saremo presto - scelgono una casa nuova anche perché consentirà loro di costruirvi dei bei ricordi. Dunque, prima che il presente si tramuti in futuro, evidentemente percepito come denso di ombre e di minacce e sostanzialmente indecifrabile, ci fabbrichiamo in anticipo il passato. Staremo meglio, più tranquilli e senza angosce. E allora avanti, con gli occhi ben aperti sulla nuca!

Claudio Salone

Professor of ancient literatures, Rome - https://claudiosalone39.wordpress.com/

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