Dopo la Grecia - come la “Dottrina Schäuble” ha cambiato gli scenari dell’Eurozona

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L'uscita della Grecia dall'euro non era una proposta casuale del ministro delle finanze tedesco, Finora non si poteva immaginare un'uscita concordata dall'eurozona; la sorprendente svolta tedesca mostra la reversibilità della moneta unica.

La caratteristica singolare dell’accordo tra la Grecia e le autorità della eurozona è che nessuno ci crede, se non François Hollande, che è stato il mediatore del presunto accordo. Non è un caso che Alexis Tsipras ha dichiarato di essere stato costretto col coltello alla gola. Non ho avuto scelta - ha detto – che sottoscrivere "un cattivo accordo in cui io non credo" L'unica alternativa per Tsipras sarebbe stata l’abbandono dell’euro: una scelta difficile che avrebbe tradito il mandato del popolo greco.

E ancor meno crede nell’accordo Wolfgang Schäuble. Il ministro delle Finanze tedesco aveva avanzato una proposta sorprendente: l’uscita temporanea della Grecia dall'euro. Un’idea che finora era apparsa inconcepibile, essendo universalmente accettato il paradigma dell’irreversibilità dell'euro. Agli storici futuri apparirà probabilmente come una svolta tanto importante quanto imprevedibile.

 Lo scetticismo è facilmente comprensibile. Le condizioni di ricatto imposte alla Grecia sono le più irrazionali, invadenti e punitivo tra tutte quelle finora sperimentati nei paesi dell’eurozona. Secondo il FMI, il debito pubblico crescerà nei prossimi anni, fino al 200 per cento del Pil. E, non a caso, il dibattito si è spostato sulla ristrutturazione del debito, nel senso di una proroga delle scadenze e una riduzione dei tassi di interesse. Ma, per molti versi, è un tema volto a mascherare i veri problemi greci della depressione economica e del disastro sociale. Infatti, l'80 per cento del debito ha già scadenze che si estendono fino a oltre la metà del secolo, con tassi d'interesse minimi.

"Il popolo greco – aveva scritto Barry Eichengreen economista della Berkeley University – merita qualcosa di meglio...La Germania intende costringere la Grecia a scegliere tra il collasso economico e l’uscita dall’ euro ... Questo, chiaramente, è l’effetto delle condizioni politicamente ed economicamente intollerabili presentate dal ministero delle finanze della Germania ("Salvare la Grecia, Salvare l'Europa", http: //www.project -Syndicate.org.).

Le condizioni imposte al governo greco appaiono in alcuni casi grottesche, come quando si dettano le regole di concorrenza per i fornai. Eppure, non c'è spazio per l'ironia, quando si passa all’ imposizione di un piano di privatizzazione da 50 miliardi di euro, che dovrebbe coinvolgere porti, aeroporti, uffici postali, ferrovie, acqua, gas, elettricità, strade, e tutti i tipi di beni e servizi pubblici, compresi i monumenti. Un piano forsennato che, tradotto su scala italiana, francese o inglese corrisponderebbe a una cifra pari a 400-500 miliardi di euro Nemmeno Margaret Thatcher sarebbe andata così lontano. Per non parlare degli aspetti socialmente punitivi del programma, nel quale spicca la "riforme strutturale " per antonomasia: la sostanziale abolizione della contrattazione collettiva e la libertà dei licenziamenti collettivi.

L’alternativa di Schäuble dell’uscita della Grecia per cinque anni suonava come una provocazione. In realtà, non era una proposta estemporanea o una manovra negoziale. Non è un caso che la proposta è stata discussa dall’eurogruppo e sostenuta da quindici paesi sui diciannove dell’eurozona.

L’opposizione più determinata alla Grexit è stata quella di François Hollande. Perché proprio la Francia? La ragione di fondo è che per il governo francese l'uscita della Grecia dall'euro era un evento politicamente disastroso. Se l’uscita dall’euro fosse diventata un'opzione apertamente e concordemente praticabile e non un peccato mortale, allora  il Fronte Nazionale di Marine Le Pen e tutte le altre forze di opposizione diversamente schierate avrebbero ottenuto un’indiscutibile legittimazione e la dimostrazione della praticabilità della loro linea. In ogni caso si tratterebbe di una sfida pericolosa per un presidente segnato dal più basso livello di consenso popolare nella storia della Quinta Repubblica. La proposta di Schauble si rivelava un rischio micidiale per il governo francese.

Non ci si può stupire se in questo scenario, la “mediazione” di Hollande si sia risolta nell’offerta ad Angela Merkel e a Schäuble dello scalpo di Alexis Tsipras: in altri termini, la resa incondizionata del governo greco, come il prezzo di rimanere nell’euro. Più che una mediazione, la complicità nel negare al governo greco la possibilità di negoziare un compromesso decente che gli consentisse di rimanere nell’euro senza dover pagare un prezzo insostenibile dal punto di vista economico e sociale, e politicamente umiliante.

2. Conviene, a questo punto, fare un passo indietro. La realizzazione della moneta unica, come si prospettava all’inizio degli anni ’90, doveva essere nelle intenzioni di Francois Mitterand e Jacques  Delors il sigillo irreversibile della partnership franco-tedesca e di un’egemonia condivisa sull’Unione europea. La crisi dello SME, il Sistema monetario europeo nel '92 aveva portato alla luce del sole la debolezza della valuta francese. L'attacco finanziario internazionale aveva colpito la sterlina e la lira, costringendo il Regno Unito e l'Italia a  svalutare il cambio e a uscire dallo SME. Il franco si era salvato solo in virtù del sostegno tedesco. La creazione della moneta unica significava per la Francia la possibilità di stabilire una parità valutaria irreversibile nel quadro di un mercato aperto. In effetti, una parità artificiale che non poteva nascondere a lungo la dissonanza tra le due economie nazionali.

Nonostante una vasta opposizione in Germania, l'unificazione monetaria divenne il contrappeso politico dell'unificazione tedesca che mutava gli equilibri fra i due paesi.  Senza la forte determinazione, eminentemente politica, di Mitterand e Kohl, difficilmente sarebbe nato l'euro, così come lo conosciamo

 Al treno dell’euro si agganciarono paesi ancora più deboli come l’Italia e via via gli altri. Ma il disegno francese si mostrò illusorio. In effetti, l’euro divenne la versione europea del marco. E l’egemonia tedesca si rafforzò associando alla gestione della moneta unica vincoli di politica fiscale ed economica sempre più stringenti. La partnership franco-tedesca si riduceva progressivamente a un simulacro al quale i due governi rendono periodicamente il loro omaggio cerimoniale, senza tuttavia riuscire a nascondere la differenza di autorità nel determinare le politiche dell’eurozona, sempre più chiaramente in mani tedesche.

L'uscita della Grecia dall'euro, prospettata dalla Germania col sostegno della grande maggioranza dei paesi dell’eurozona, doveva essere assolutamente scongiurata. Non sorprende che Francois Hollande - con Matteo Renzi, sostanzialmente escluso dalle diverse fasi del confronto con la Grecia, schierato al suo fianco - abbia schierato la Francia contro l’ipotesi della Grexit, impegnandosi per convincere la Germania ad accettare la resa incondizionata del governo greco come contropartita alla sua permanenza nell’euro.

In effetti, il presunto compromesso è stato un successo per Angela Merkel, che ha ottenuto la capitolazione della Grecia evitando, allo stesso tempo, la rottura dell’eurozona. Ma l’accordo non ha mutato la convinzione di fondo di Schäuble che ha confermato la sua posizione circa la possibilità e l’opportunità di un’uscita, sia pure (teoricamente) provvisoria, dall’euro di un paese che si fosse orientato in questa direzione. Una tesi che, indipendentemente dagli sviluppi futuri della crisi greca cambia radicalmente il principio di intangibilità della scelta dell’euro. Nessuno poteva immaginare prima dell’enunciazione di quella che possiamo definire la nuova “Dottrina Schäuble” la possibilità di un' uscita dall’euro rimanendo all'interno del quadro storico dell'Unione europea.

Come dire che l'adesione all’euro è un’opzione discutibile e valutabile nei suoi effetti concreti, non un destino irrevocabile. Da ora in avanti la permanenza nell’euro non è garantita per nessuno dei paesi membri. Per stare nell’eurozona bisogna rigorosamente rispettarne le regole, anche se il costo è la riduzione degli Stati sovrani a un protettorato o a una semi-colonia del nuovo impero centrale, circondato da una folla di satelliti più o meno grandi.

3. La Grecia, quali che siano le responsabilità delle sue oligarchie dominanti e dei governi sempre sostenuti da Berlino e Bruxelles fino all’avvento di Syriza, è la spia della fondamentale insostenibilità economica dell’eurozona. Così Alan Blinder, professore di economia dell’università di Princeton ed ex vicepresidente della Federal Reserve, ne sintetizza i vizi congeniti. “I paesi –scrive - hanno tre armi principali per combattere le recessioni: lo stimolo fiscale, lo stimolo monetario e il deprezzamento della valuta. L'appartenenza alla zona euro preclude gli ultimi due strumenti.. (mentre) limita brutalmente il primo. Da qui, il problema greco n ° 1: una depressione peggiore della Grande Depressione negli Stati Uniti. L'ultimo accordo sembra destinato a peggiorare questa depressione .... Come trovare una soluzione? Con tassi di cambio fluttuanti, una parvenza di parità sarebbe stata restaurata dal deprezzamento della valuta. Ma questo non può verificarsi con una moneta unica. ... Così il problema greco non potrà mai essere risolto fin quando rimarrà nell’eurozona” (Si veda la rubrica Opinions del WSJ, 16 luglio 2015). Quanti altri paesi in crisi, vittime dell’assurda politica dell’austerità, vorranno prenderne nota?.

Questo atteggiamento critico è generalmente considerato un tipico punto di vista americano caratterizzato sin dall'origine dallo scetticismo nei confronti della moneta unica. Ma non è più il caso. Secondo le conclusioni del recente documento del consiglio del governo tedesco di consiglieri economici indipendenti, i paesi dovrebbero essere lasciati liberi in “ultima istanza” di uscire dall'euro. "In un'unione monetaria – ha sottolineato Lars Feld, uno dei membri del Consiglio - le regole di base devono essere rispettate, e per questo motivo l'uscita di uno Stato membro non dovrebbe essere considerato un tabù" ("Germans feel pressure of debt crisis”,  International New York Times, 4 agosto 2015).

La “Dottrina Schäuble” deve essere valutata nel suo doppio significato. Da un lato, per la Grecia ha inteso rappresentare una possibile  alternativa alle condizioni capestro dell’accordo del 13 luglio; in altri termini, la Grecia avrebbe avuto la possibilità di assumersi in proprio i rischi di una politica diretta ad affrontare con altri mezzi la crisi. Dall’altro lato, per tutti gli altri membri della zona euro – in primo luogo, la Francia e l'Italia – la linea Schauble sarebbe stato un chiaro avvertimento: per rimanere nella zona euro tutti i membri devono rigorosamente rispettare le regole così come sono state stabilite. L'alternativa è l'uscita. Sappiamo, come abbiamo visto, che questa opzione è impensabile per Hollande, così come lo è per Renzi. Ma la nuova, finora imprevista posizione tedesca, è indubbiamente destinata a rafforzare la strategia dei partiti e movimenti euro-scettici. Ora sanno che l’uscita dall’euro può rientrare in un quadro istituzionale e politico reciprocamente accettabile.

In questo contesto, la mediazione disperata di Hollande - ambiguamente seguito da Matteo Renzi che, alla fine, avrebbe accettato l'uscita della Grecia come una punizione esemplare per la sua ribellione - è stato un escamotage nel tentativo di nascosto le difficoltà dei francesi governo, alle prese con una crescita fragile e un deficit che rimane stabilmente al disopra del fatidico parametro del tre per cento rispetto al PIL.

La Grecia ha osato rompere la disciplina, e ne ha pagato duramente il prezzo. Ma la crisi rimane aperta, e il contagio della ribellione, anche seguendo percorsi diversi, è destinato a estendersi: dalla Spagna che celebrerà le elezioni politiche in autunno, alla Francia, dove cresce l'opposizione alle politiche di austerità non solo nell’estrema destra ma anche nell'ala sinistra del Partito socialista, all'Italia - dove per la prima volta, nei sondaggi, l'uscita dall'euro oscilla intorno alla metà, talvolta superandola, delle opinioni espresse.

Nel frattempo, non è un gioco d'azzardo a prevedere la tentazione crescente di convocare referendum nazionali sulle politiche della zona euro. I referendum possono diventare un nuovo vecchio strumento democratico per riaffermare il valore della democrazia. Questo è l'unico modo per liberare i paesi della servitù di una tecnocrazia cieco supportato dalla egemonia tedesca.

Paradossalmente, la dottrina Schäuble è un avvertimento per i governi che hanno la tentazione di violare le regole, ma al tempo stesso un aiuto insperato per le forze euroscettico. Il referendum greco e quello previsto in Gran Bretagna, anche se ispirati a diversi obiettivi, sono la testimonianza di un nuovo approccio ai problemi politici europei. La tentazione di convocare altri referendum popolari può diventare un potente strumento democratico in grado di mobilitare, in un approccio unitario contro le politiche rovinose dell’eurozona, forze generalmente distinte o contrapposte nella geografia politica nazionale. In altre parole, i referendum popolari possono diventare uno strumento democratico normale e potente per dare voce ai cittadini.

E' un dato di fatto che i paesi al di fuori dell'euro - dal Regno Unito alla Svezia e Polonia - hanno risposto molto meglio all'impatto della crisi. E i paesi candidati a entrare nell’euro ne hanno preso atto, a cominciare dalla Polonia, rinviando se non definitivamente liquidando la prospettiva dell’adesione alla moneta unica.

Concludendo, l’evoluzione della crisi greca mostra che la vocazione europea non coincide con il futuro della zona euro. E’ piuttosto vero il contrario. L'euro rischia di distruggere il "sogno" europeo. Molte cose contraddittorie possono accadere. Ma è del tutto ragionevole supporre che, dopo l’irrisolta crisi greca e il nuovo sorprendente approccio tedesco alla crisi dell’eurozona, niente continuerà a essere come prima.

(Quest'articolo è un aggiornamento di "Tsipras in trappola fra Schäuble e Hollande", comparso su Eguagkuanza e Libertà il  22 luglio 2015)

Antonio Lettieri
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