Effetti della poltica di austerità

Sottotitolo: 
Una ricerca europea mostra come la poltica di austerità generi effetti depressivi cumulativi tra i paesi dell'eurozona. Se ne deduce che il fiscal compact deve essere cambiato.

Il 20 novembre il quotidiano francese Libération dedicava un lungo articolo ad un lavoro  di un economista olandese, Jan in ‘t Veld, che lavora alla Commissione Europea (Affari economici). Il titolo dell’articolo era: “Rigore, anche a Bruxelles non ci credono più; uno studio condotto da un economista della Commissione rivela il peso degli effetti nefasti dell’austerità in Europa”.

L’enfasi del titolo è chiaramente esagerata; il lavoro riflette solo il punto di vista dell’economista, e si aggiunge a lavori condotti da economisti del FMI, critici della linea dell’austerità (vedi l’articolo di Mario Nuti, Pervers fiscal consolidations , su Insight). Tuttavia l’interesse del lavoro consiste in una stima degli effetti di spillover tra i paesi dell’euro, cioè dell’influenza che la manovra economica condotta in un paese ha sugli altri paesi, con i quali ha relazioni economiche. L’economista olandese analizza le politiche fiscali nel periodo 2011-2013 di sette paesi euro: Germania, Francia, Italia, Spagna, Irlanda, Portogallo e Grecia, e del resto dell’euro area (Rea) riuniti in un solo gruppo .

Viene usato il modello strutturale QUEST della Commissione, che permette di valutare gli impatti che ciascun paese ha sugli altri, nel momento in cui adotta dei provvedimenti economici, nel caso specifico tagli alle spese pubbliche o aumenti di prelievo fiscale. E’ chiaro che l’effetto dipende dal peso economico del paese, quindi maggiore per la Germania, ed anche dall’intensità degli rapporti economici, il che spiega perché i paesi vicini territorialmente alle Germania subiscano un effetto più forte.

Nella seguente tabella vengono riportati gli effetti moltiplicativi di un taglio progressivo, in tre anni, di tre punti di disavanzo pubblico, condotto per metà da diminuzioni di spese e per metà da aumenti di imposte. Il taglio viene poi mantenuto per tutto il periodo successivo. Mi limito a riportare gli effetti (de)moltiplicativi al terzo anno, per Germania, Francia, Italia e  Rea. Si tratta dei paesi di maggior dimensione, dove gli effetti di spillover sono più forti .
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                               Germania          Francia         Italia            Spagna              Rea
Germania                     -2,31              -0,44             -0,42             -0,22              -0,40
Francia                        -0,51              -2,49              -0,41             -0,23              -0,35
Italia                            -0,48               -0,40             -2,49             -0,21              -0,32
Spagna                       -0,50               -0,44             -0,41             -2,34              -0,33
Rea                             -0,57              -0,43               -0,39            -0,21              -2,06
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 Leggendo lungo le colonne vediamo l’effetto moltiplicativo (negativo) di un taglio di tre punti di Pil, sia sul paese stesso che sugli altri. Così in Germania vi è un calo diretto pari a -2,31 punti (un moltiplicatore medio di -0,77), ma vi è anche un effetto sulla Francia di -0,51, sull’Italia di -0,48, fino a -0,57 su Rea. Ma l’effetto sulla Francia si riflette anche sull’Italia con un peso di -0,51 moltiplicato 0,40, cioè -0,204, così come l’effetto sull’Italia si riflette sulla Francia con un peso di -0,48 moltiplicato per 0,41, cioè 0,197.

D’altra parte vi è un effetto di retroazione; poiché la manovra francese ha un effetto di -0,44 sulla Germania, l’effetto della Germania sulla Francia ritorna sulla Germania stessa con un peso di -0,51 moltiplicato per 0,44, cioè con -0,224, e quello sull’Italia ritorna sulla Germania con -0,48 moltiplicato 0,42, cioè -0202. Lo stesso discorso vale per gli altri paesi. La manovra restrittiva di ciascun paese impatta, oltre che su se stesso, su tutti gli altri, e rimbalza sul paese stesso.
Jan in ‘t Veld calcola, sulla base della stima sugli effetti di spillover, il massimo effetto recessivo che si sarebbe avuto se solamente un paese avesse effettuato nel periodo 2011-2013 la manovra restrittiva, e quello che si verifica quando tutti i paesi agiscono simultaneamente
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                  Germania       Francia      Italia     Spagna       Rea      Irlanda      Portogallo      Grecia
da solo           -2,31            -2,49        -2,49         -2,34      -2,06     -1,44        -2,09               -2,26
Insieme         -3,9              -4,78        -4,86          -5,39     -3,22      -6,91        -4,51               -8,05
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Come si vede quando si passa dal caso in cui un solo paese effettua la manovra restrittiva a quello in cui tutti i paesi lo fanno simultaneamente, la caduta del PIL nel terzo anno aumenta da un minimo nel caso di Rea (1,16) e Germania (1,59) ad un massimo per Irlanda (5,47) e Grecia (5,79).

Tuttavia nel modello usato dall’economista olandese vi è l’ipotesi che dopo il terzo anno gli operatori economici riacquistino fiducia, contando su un livello più basso di tassazione. Si tratta dell’ipotesi neoricardiana dell’austerità espansiva, fatta propria dalla Troika, ipotesi introdotta ad hoc nel modello. Ovviamente la caduta del PIL si riduce, e il rapporto debito pubblico – PIL scende. Tuttavia anche in questa ipotesi la diminuzione del PIL continua per vari anni oltre il terzo; ad esempio in Germania per altri tre anni, in Francia per quattro, ed in Italia per tutti e cinque (le simulazioni terminano nel 2018).  

Jan in ‘t Veld considera anche il caso in cui si determini un aumento del premio per il rischio nei confronti del debito sovrano dei paesi della periferia euro, i Piigs. In questo caso la caduta del PIL si accentua, in questi paesi tra il punto e mezzo ed i due punti percentuali, ma, per via degli effetti di spillover, anche nei paesi core vi è un peggioramento di circa un punto percentuale.

Ciò che ha attirato l’attenzione di Libération non è tanto il ruolo degli spillover, ma le conclusioni del lavoro dell’economista olandese. Jan in ‘t Veld infatti suggerisce che Germania e Rea si differenzino dalla linea dell’austerità, e effettuino un aumento del deficit sotto forma di un punto percentuale di investimenti pubblici. Nell’arco di due anni il PIL di Germania e Rea aumenta di quasi un punto percentuale, mentre nel resto dei paesi vi è un effetto positivo leggermente superiore a 0,2 (0,3 nel caso dell’Irlanda). La bilancia delle partite correnti dei due paesi diminuisce di circa 0,35, mentre quella degli altri paesi migliora tra 0,05 e 0,1.

Non si può certo dire che per i paesi della periferia euro si tratti di un miglioramento sostanziale, anche se è plausibile che a Berlino il paper non sia stato accolto con entusiasmo. In realtà dal punto di vista della periferia la conclusione è che è l’intera linea del fiscal compact che va cambiata.

Ruggero Paladini

Economist - Professor of "Scienza delle Finanze" at University "La Sapienza" Roma; Member of the Economic Board of Insight - ruggero.paladini@uniroma1.it