Energia nucleare e fonti rinnovabili - uno studio francese

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Dopo la catastrofe giapponese uno studio francese analizza il futuro dell'energia nucleare e elle altre fornti energetiche.

Dopo la catastrofe nucleare giapponese, e il grosso volume di Yergin, il problema dell’energia è ancora una volta analizzato e discusso da esperti e uomini politici in tutto il mondo. I paesi stanno ripensando le varie componenti del loro consumo di energia, e il miscuglio delle varie fonti , e guardano al futuro con qualche preoccupazione.

Il successo dell’energia solare ed eolica nella produzione di elettricità ha creato il problema di come accogliere nella rete di trasporto delle produzioni intermittenti a causa delle differenti disponibilità nelle varie ore del giorno e della notte, e delle difficoltà che si incontrano a prevedere in dettaglio  il vento e la sua capacità di muovere le eliche. Inoltre, il disastro giapponese potrebbe finire per relegare l’industria nucleare in una posizione di secondo piano nella composizione dell’offerta di energia, nonostante il suo vantaggio relativo alle emissioni di CO2. Quel terribile disastro è stato la conseguenza di un errore umano nel prevedere un eccezionale evento naturale: ma è proprio la probabilità di un errore umano che fa molto più paura di qualunque evento naturale.

I vari paesi hanno avuto reazioni diverse. La Germania ha deciso di cancellare qualunque interesse nucleare, e di chiudere le centrali esistenti; il suo vicino, la Francia, il paese più nucleare del mondo, ha reagito per il momento chiedendo a due importanti esperti Jacques Percebois e Claude Mandil di studiare l’intero problema dello sviluppo energetico da qui al 2050. La storia dell’industria nucleare francese è strettamente connessa con la struttura stessa della società francese: essa viene dalla convergenza di un certo numero di interessi diversi. In primo luogo, De Gaulle voleva la bomba nucleare. La Francia doveva essere allo stesso livello delle grandi potenze mondiali, e ciò richiedeva il possesso della bomba nucleare.  Gli scienziati e specialisti che venivano dalle “grandi scuole “ e gli alti funzionari dello Stato francese videro di buon grado l’idea di creare un nuovo ruolo per la Francia, e per se stessi, nell’area della scienza e in quella della politica. 

La CGT, il più importante sindacato francese, era del tutto a favore di una scelta che garantiva l’energia per lo sviluppo dell’industria, oltre a creare un nuovo settore industriale e un buon numero di posti di lavoro.  Questo miscuglio di interessi diversi produsse il risultato richiesto. La bomba fu prodotta, i grandi funzionari pubblici aumentarono il loro prestigio, e quello internazionale della Francia, e la CGT si sentì sicura del destino industriale del paese.    Un bel numero di centrali è stato costruito, senza alcun incidete rilevante, producendo l’elettricità a costo più basso in Europa, e aprendosi un mercato elettrico in Europa, e particolarmente in Italia.

Col tempo, maturò tuttavia, qualche senso di delusione. La bomba non serviva praticamente a niente. La Francia poteva dire di essere nel gruppo delle potenze nucleari, ma ormai il gruppo aveva dei nuovi membri, la Cina, l’India, il Pakistan, Israele, la Corea del Nord, e forse, fra poco, anche l’Iran. Appartenere a questo club non aumenta più il prestigio della Francia. Inoltre, la quota data dall’industria manifatturiera al reddito nazionale sta calando visibilmente e l’energia a buon mercato va a vantaggio dei servizi e delle famiglie. L’effetto di prestigio diminuisce, ed emergono problemi. I primi impianti nucleari costruiti stanno invecchiando.  E qualcuno si avvia a superare il tempo per cui era stato costruito. Si dovranno chiudere gli impianti vecchi? Se ne dovrà costruire dei nuovi?  

Le nuove tecnologie da adottare per le nuove centrali non sembrano ancora provate, dato il lungo ritardo della loro entrata in funzione.  C’è quindi bisogno di una voce che affronti tutto questo in modo chiaro, e che trovi una via per tenere a bada il crescente partito antinucleare. Ai due prestigiosi esperti è stato chiesto di risolvere tutte le incertezze. I due hanno prodotto un documento che comincia col dire che nessuno può descrivere come sarà il panorama energetico del 2050. Tutto è incerto: la tecnologia, l’economia, la situazione politica e finanziaria, e persino la demografia. Non c’è nessuno scenario ottimale, e nessun percorso facile per raggiugerlo.

Noi non conosciamo il futuro sviluppo della domanda. Sappiamo che le rinnovabili produrranno molta più elettricità di prima, creando il grosso problema di come immettere nella rete delle produzioni intermittenti, un problema che cresce con la crescita delle produzioni di queste due fonti.  Infine, gli obiettivi di Cancun per ridurre la CO2 immessa nell’atmosfera impongono un vero e proprio “cambiamento di traiettoria”. Prima conclusione, bisogna essere molto flessibili.  Abbiamo bisogno di tutto.  Di più rinnovabili, di più nucleare di nuova  tecnologia, di più petrolio e più gas naturale, e di più sistemi per imprigionare la CO2. Abbiamo bisogno di maggior efficienza del consumo di energia per contenere la domanda. Tutti i paesi dovranno investire massicciamente in tutte le fonti di energia, e gli attori di questo programma saranno le grandi compagnie che producono energia, operando come imprese private sul mercato aperto, senza sussidi statali.

E cosa fare delle vecchie centrali? Questa non è una risposta che possono dare gli economisti e nemmeno gli ingegneri, ma spetta all’Agenzia della Sicurezza. Se le centrali non sono sicure, vanno chiuse, altrimenti potranno continuare a lavorare .  Una decisione semplice, giacché si è dato per scontato il fatto che l’aumento della domanda di energia richiede il contributo di tutte le fonti possibili. Tuttavia, gli esperti vedono una cosa che si può facilmente prevedere, ed è il futuro aumento dei prezzi dell’energia.

La domanda mondiale continuerà ad aumentare, il costo di cercare e produrre energia aumenterà, e continuerà ad aumentare, seguendo il costo dell’acciaio, delle macchine e degli esperti e delle necessità di salvaguardare l’ambiente e di sviluppare al massimo la produzione delle rinnovabili. In teoria, questo avrebbe l’effetto di ridurre, o almeno di stabilizzare, il prezzo dell’energia.  Tuttavia, i due esperti francesi credono che l’energia sia un bene primario, e che il suo prezzo avrà semplicemente l’effetto di ridurre gli altri capitoli di spesa del consumatore. 

Marcello Colitti

Economist. He was President of Enichem. His last book is "Etica e politica di Baruch Spinoza". Member of the Editorial Board of Insight