Gli USA e la trasformazione del mercato energetico

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Gli Usa si avviano a essere grandi prodittori ed esportatori di gas e petrolio.

Le nuove tecnologie per produrre gas e petrolio stanno cambiando la posizione degli Stati Uniti da importatore a esportatore. L’opinione pubblica americana non è più concentrata sul controllo dell’inquinamento, ma piuttosto sull’aumento della produzione di petrolio e di gas, e sul raggiungimento dell’autosufficienza nell’energia. L’idea è stata dibattuta a lungo in passato: ad esempio, durante la presidenza di Bush figlio fu condotto uno studio esauriente sulla possibilità di raggiungere l’autosufficienza, che però non ebbe alcun effetto pratico. Per trovare un periodo di auto sufficienza petrolifera degli Stati Uniti bisogna risalire per più di mezzo secolo, quando la produzione di greggio realizzata da un gran numero di imprese, quasi tutte di piccole dimensioni, era appena sufficiente a soddisfare il consumo interno.  Il costo della produzione era però più alto di quello che si poteva produrre nel Medio Oriente. 

I piccoli produttori americani riuscirono a convincere il governo a chiudere il mercato americano alle importazioni di petrolio. Oggi, la produzione di olio e gas dagli scisti, la cui tecnologia è ancora in sviluppo, sta arrivando allo scopo, ma senza ritornare ad una situazione come quella del 1950. L’aumento della produzione americana riduce le importazioni di energia mentre l’aumento della produzione di materia prima per la petrolchimica sta creando un vero e proprio boom di quelle produzioni. Oggi, i produttori americani di gas e di petrolio non vogliono certo isolare il mercato degli USA, vogliono invece diventare esportatori di energia. Il Governo non sembra aver preso una decisione in materia, ma la pressione per esportare è molto alta. I produttori vogliono diventare grandi esportatori di idrocarburi, ed è molto difficile immaginare chi potrebbe fermarli. La decisione americana ha già influenzato un altro grande produttore di petrolio, la Russia, che ha riorganizzato la sua industria petrolifera concentrando gran parte della produzione nella Rosneft, una compagnia completamente controllata dallo Stato. E così, l’offerta di gas e di petrolio è  oggi abbondante, e il mercato internazionale è ben rifornito.

Ma, sul lato della domanda, il petrolio è molto debole dappertutto, in Europa e in Giappone ed anche negli Stati Uniti, a causa del prezzo alto e, in Europa, dell’affollamento delle città. Le nuove tecnologie dei motori, e l’alleggerimento delle carrozzerie hanno ridotto i consumi delle automobili. Inoltre, i produttori di energia elettrica usano sempre di meno l’olio combustibile, mentre il basso prezzo del carbone lo ha reso competitivo nelle centrali elettriche. Lo stesso sta avvenendo per il gas naturale. La domanda non aumenta, almeno in Europa, dove una strana concorrenza di prezzo si sta verificando tra il gas dei metanodotti internazionali e quello che viene con le navi metaniere, in cui il primo è molto più caro, e il secondo a più buon mercato, ma con un’offerta insufficiente. Per concludere, la situazione dell’energia non è stabile e l’offerta sta chiaramente superando la domanda. Alla fine dell’inverno, quando il riscaldamento domestico finisce, il prezzo dell’energia sarà sotto pressione, il che porrà parecchi problemi ai paesi dell’OPEC, preoccupati anche per il forte aumento della produzione dell’Iraq, un paese che, se dobbiamo credere all’Agenzia Internazionale dell’Energia, aumenterà ancor di più la sua produzione in futuro.

Il petrolio è oggi abbondante. E’ vero che un certo numero di nuove scoperte di olio e di gas sono in strati molto profondi e in luoghi molto difficili, mari profondi e ambienti Artici, e quindi piuttosto costose. Tuttavia, la gran parte del petrolio oggi prodotto non sembra essere nelle condizioni di costi in aumento. Inoltre, il progresso tecnico nella produzione e nella raffinazione ha reso possibile produrre e raffinare greggi pesanti che un tempo venivano considerati delle “ricerche fallite”. Questa abbondanza di petrolio contrasta direttamente con la tendenza del mercato di futuri che per definizione tende a far salire il prezzo del petrolio.  Il prezzo fatto da questo mercato sembra ogni giorno meno realistico, poiché non è sostenuto dal livello della domanda. Molti produttori importanti, gli Stati Uniti, la Russia, l’Iraq, e altri nuovi non devono rispettare il sistema di quote produttive stabilito dall’OPEC, e possono benissimo essere più interessati alla quota di mercato che al prezzo. Si guardiamo al gas, il mercato è oggi paradossale, dato che il maggior fornitore europeo vende a un prezzo legato a quello del petrolio, mentre le navi che vengono da altri produttori vendono a un prezzo molto più basso, una situazione che non può durare.

I paesi dell’OPEC vedono scendere la loro quota sulla produzione mondiale, una situazione che ricorda gli effetti della scoperta del petrolio del Mare del Nord, circa trent’anni fa, quando l’Arabia Saudita dovette abbandonare il sistema dell’OPEC e vendere il proprio greggio allo stesso prezzo di quello venduto dai produttori indipendenti. I paesi OPEC stanno fronteggiando una scelta difficile. Da una parte, essi possono tentare di tenere il loro prezzo, riducendo la loro produzione, e sperando che l’economia mondiale riprenda con un altro boom del prezzo dell’energia. Ma questa soluzione richiederebbe un complesso negoziato interno all’Organizzazione per definire chi dovrebbe ridurre, e di quanto, la sua produzione, e ciò aumenterebbe la discordia esistente fra “colombe” e “falchi” che si era recentemente piuttosto ridotta.  Alternativamente, essi potrebbero abbandonare, almeno temporaneamente, il loro sistema, e rendere il loro petrolio negoziabile dopo la prima vendita, come fanno tutti i produttori.

Così facendo, essi troverebbero il vero prezzo di mercato e il reale livello di domanda per il proprio greggio, ed eviterebbero una fragorosa caduta, altrimenti inevitabile.Creando un proprio mercato per il proprio greggio, e dando la possibilità di rivenderlo, i paesi OPEC diventerebbero i “price leader” riducendo così gli alti e i bassi che avverrebbero necessariamente se i paesi produttori resistono su di un prezzo troppo alto, e quindi devono ridurre la produzione, e poi alla fine adeguarsi al mercato dopo una forte riduzione delle quantità prodotte. Questo nuovo mercato ridurrebbe l’effetto speculativo, che è un fattore importante nel ridurre la domanda dei consumatori, e darebbe ai produttori un’indicazione chiara sul valore del loro petrolio. Questo prezzo aiuterebbe l’economia internazionale a uscire dalla situazione presente, specialmente per l’Europa, dove molti paesi sono in uno stato di depressione. Una riduzione del costo dell’energia in Europa darebbe impulso alla produzione industriale, e ridurrebbe il costo id trasporto delle merci, che è rilevante per le esportazioni; darebbe sollievo al gran numero di persone che sono costrette a recarsi al lavoro con l’automobile. Darebbe forse il primo segno della fine della stagnazione europea, specialmente per i cittadini a reddito fisso, quelli che hanno sentito più di tutti gli altri il peso della depressione. 
 

Marcello Colitti

Economist. He was President of Enichem. His last book is "Etica e politica di Baruch Spinoza". Member of the Editorial Board of Insight