L’Europa tra “mythos” e “historìa”

~~claudio salone ha pubblicato:"Non esiste un progresso lineare della conoscenza, dal “mythos”, racconto fantastico e spesso ominoso degli eventi, alla “historìa”, narrazione scientificamente fondata degli stessi eventi e ricerca delle loro cause.  Si tratta di due dimensioni del conosc"
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L’Europa tra “mythos” e “historìa”
di claudio salone

Non esiste un progresso lineare della conoscenza, dal “mythos”, racconto fantastico e spesso ominoso degli eventi, alla “historìa”, narrazione scientificamente fondata degli stessi eventi e ricerca delle loro cause.  Si tratta di due dimensioni del conoscere che intrecciano sempre tra loro diversi fili di differenti colori. L’importante è tenerle sempre distinte. Ciò vale anche per l’Europa, che è al tempo stesso  mythos e historìa.
Il mito
 Il rapimento di Europa in un affresco pompeiano dalla Casa di Giasone
Il nome di Europa, da “euru”, “ampio”, e “opa”, “orao”, “vedere” e quindi “dall'ampio sguardo”, fa riferimento all'occhio dei bovini, capace di un orizzonte molto esteso. Di origine vicino-orientale, sarebbe l’ipostasi della colonizzazione dell’occidente da parte dei Fenici. Esso ha come protagonista la figlia del re di Tiro, Europa appunto, rapita in riva al mare e portata a Creta da Zeus apparso in forma di candido toro; l’antropomorfizzazione velerebbe, sotto le spoglie della fanciulla, una giovenca, che, accoppiatasi con il toro sacro (Zeus), diventò poi capostipite della dinastia cretese (Minosse era suo figlio e padre a sua volta del Minotauro). Il regno cretese fu dunque, secondo questa “spiegazione” mitica, il primo regno europeo, con una sfera di influenza estesa anche alla parte settentrionale dell’Egeo. In Beozia esisteva poi un’altra versione del mito, in cui “Europa” era un epiteto di Demetra e significava “dalla notte oscura”, come il profondo, esteso e inesplorato nord del Continente[1].
La storia
In generale, dalla tradizione greco-romana emerge un’identità “nordica” dell’Europa, quasi fosse un’immensa retrovia del mondo mediterraneo.
Nella tarda antichità (V secolo), l’abate irlandese Colombano, si riferisce a papa Gregorio Magno come al “totius Europae flaccentis augustissimo quasi cuidam Flori” (Ep. I), “al più augusto fiore di tutta la decadente Europa” e a Bonifacio IV come: “Pulcherrimo omnium totius Europae Ecclesiarum Capiti, (Ep. IV) “al più bel capo di tutte le Chiese dell’intera Europa”. Non è facile dire di che Europa si tratti. Colombano sembra identificare il patriarcato d’Occidente (Roma) e il continente europeo, dove si mescolano e si compenetrano i resti del mondo tardo-antico e le nuove genti germaniche; da irlandese, l’Europa gli appare come l’unico termine in grado di definire il “calderone in cui egli si trova a vivere e a operare”[2]. Presso un altro monaco, Isidoro, troviamo l’aggettivo “Europeenses” a indicare le schiere che, a Poitiers, nel 732, fronteggiarono gli Arabi: “prospiciunt Europeenses Arabum tentoria, nescientes cuncta esse pervacua”.
Fu Carlo Magno a fondare, tra la fine dell’VIII e l’inizio del IX secolo, il primo imperium autenticamente europeo, cioè a dire continentale, in cui trovarono una rinnovata unità politica l’elemento germanico, quello gallo-romano e quello italico, tutti cementati dalla comune fede nella religione di Roma, nell'uso di un'unica lingua franca, il latino, e di un’unica moneta, il denaro.
La fucina carolingia forgiò dunque il prototipo di un’entità unitaria politica e culturale continentale che si può definire europea. Tuttavia, come si sa, le antiche linee di faglia, storiche, geografiche e politiche a un tempo, il Reno, il Danubio, le Alpi, iniziarono a dislocarsi e nel corso dei secoli quella unità finì per decomporsi, in un processo che conobbe, tra le sue tappe salienti, la Riforma luterana, La Prima Guerra dei Trent'anni, il graduale abbandono del latino come lingua comune e infine, dopo Napoleone, lo svanire definitivo anche del fantasma del Sacro Romano Impero Della Nazione Germanica.
Altro discorso per la koinè culturale europea, che non ha invece mai cessato di svilupparsi in quanto tale. Dalla filosofia alla letteratura, dalla musica alla pittura, alle arti e alle scienze in generale, le élites del Vecchio Continente hanno continuato nel loro dialogo secolare, dando vita a una civiltà che a buon diritto si può definire universale, capace di “europeizzare” quasi tutto il globo terrestre.
All'interno di un immenso campo di forze, con un baricentro economico e politico sempre in movimento, dal Mediterraneo prima (Repubbliche marinare, Comuni e signorie italiane) all'Atlantico (scoperta dell’America), da ovest (Spagna, Francia, Inghilterra) al centro (Austria, Germania) a est (Russia e poi l’URSS), l’idea di un’autentica unità politica continentale non si è mai più affacciata alla ribalta, se non nei diversi tentativi di egemonia continentale messi in atto dell’una o dell’altra potenza (l’impero absburgico di Carlo V, la Francia di Luigi XIV e poi di Napoleone I, la Germania del I e del III Reich).
Tra la prima e la seconda fase della Seconda Guerra Europea dei Trent'anni (1914-1945), un’Europa annichilita ha cercato di ritrovare le ragioni dell’unità. Diversi importanti intellettuali e politici (basti citare Aristide Briant, Gustav Stresemann, Hugo von Hofmannsthal, Richard Coudenhove Kalergi), tentarono, invano, di proporre nuove soluzioni politiche per una Europa che non fosse più, come in passato, mero obiettivo egemonico di una singola potenza, bensì, proprio nel segno di una cultura comune e condivisa, un luogo di possibile concordia e condivisione di risorse e sovranità. Dopo il ’45, nello stato di prostrazione che accomunava vinti (Germania, Italia) e vincitori (Francia, Regno Unito), il renano Adenauer, l’alsaziano Schumann, il trentino De Gasperi, non per caso tutti uomini di frontiera ed educati alla cultura tedesca, ripresero quei tentativi esperiti negli anni ‘20 e, approfittando della estrema debolezza dell’Europa di fronte ai nuovi giganti globali USA e URSS, a partire dagli inizi degli anni ’50 riuscirono a muovere i primi passi (CECA) verso un progetto di unità politica continentale.
È in questo contesto tra mythos (come già contro gli Arabi a Poitiers nel 732, contro i Turchi a Lepanto nel 1571 e sotto le mura di Vienna nel 1683, l’Europa diventò il bastione della libertà contro “il barbaro” totalitarismo sovietico) e historìa (la Guerra Fredda, l’equilibrio del terrore tra USA e URSS) che si è formata e consolidata l’Europa dei “miracoli economici” e della lunga pace che abbiamo conosciuto fino alla caduta del Muro di Berlino (1989), al riparo dell’ombrello militare statunitense e della simmetrica oppressione del socialismo reale.
Caduto il Muro e rovinosamente sconfitto l’esperimento del socialismo reale nell'Europa centrale e orientale, quello stesso mito assunse i caratteri dell’assoluto metastorico (vedi l’effimero Fukuyama), diventando una sorta di totem inscalfibile e indiscutibile per tanta cultura progressista. Mito, appunto. E l’historìa?
La scomparsa del bipolarismo planetario e l’irrompere sulla scena internazionale di altri grandi protagonisti globali (Cina su tutti), hanno rotto gli antichi equilibri[3] e da allora l’Europa rischia di passare dalla linea del fronte alle retrovie[4]. Questo processo avrebbe dovuto indurre a ragionare (historìa) sull'Europa e sul suo destino e non più a idoleggiarla acriticamente (mythos).
E invece un nebuloso “sogno europeo” ha continuato a dominare le menti, incuranti della realtà mutata. Governata da un esercito di 50.000 addetti tra Bruxelles, Strasburgo e Lussemburgo (erano 100.000 tra mandarini e impiegati i burocrati che, alla fine del XVIII, facevano funzionare l’immensa Cina imperiale) e da un sistema politico-decisionale privo di autentici controlli democratici, tendente a confondere l’azione politica con quella amministrativa, la UE è tornata ad essere, come in passato, mero campo per l’esercizio egemonico di alcuni Stati nazionali (la Germania, innanzi tutto, con l’appoggio di una Francia sempre più  à bout de souffle).
Un mythos però funziona solo se è capace di esprimere una coscienza collettiva; a differenza del periodo antecedente l’89, esso è oggi profondamente offuscato da sentimenti crescenti di nazionalismo, dalla ricerca di un’identità culturale e politica che si considera perduta senza contropartite. Né l’Euro introdotto oltre vent'anni fa (moneta comune, ma non unica) ha ancora coinvolto tutti gli Stati della UE, finendo per non giovare alla causa dell’unità europea e per accrescere le diseguaglianze e i rancori all’interno delle singole comunità nazionali.
Per questo non basta più recitare il vuoto mantra del “sogno europeo”. È necessario tornare a riflettere politicamente sulla “questione europea”.  Due le alternative: la prima, la più difficile, prevede l’accelerazione (se non l'avvio vero e proprio) di un processo serio di integrazione politica, economica e militare, con cessioni sostanziali di sovranità da parte degli Stati membri, che veda come interlocutori privilegiati sia la Russia – che è, fino a prova contraria, Europa – che gli USA; la seconda è quella di imboccare la strada opposta: iniziare ad allentare i legami costitutivi di un mitologema che con tutta evidenza non funziona più (Gli Stati Uniti d’Europa) e mettersi al lavoro per riorientare la politica europea su un sistema di alleanze flessibili, di patti bi-tri-quadrilaterali su temi di comune interesse, per costruire non già uno stato federale europeo unitario, ma, come voleva Margareth Thatcher nel suo celebre discorso di Bruges, “un’organizzazione sovranazionale basata sulla cooperazione volontaria tra stati sovrani”[5]. Tertium non datur. A dire il vero, un Tertium appare all'orizzonte, nei segnali di disgregazione che si fanno sempre più forti. Siamo sicuri che la Brexit rappresenti solo un’anomalia dell’oggi?
____________
NOTE
[1] “Europa” potrebbe anche essere la trasposizione fonetica quasi letterale di “ereb” (gharb in arabo), vocabolo di radice semitica, che sta a indicare l’occidente, ovvero le terre poste a ovest della costa siriana. Nelle fonti iconografiche la fanciulla rapita appare quasi sempre velata e quasi sempre cavalca all’amazzone il toro divino. Europa compare, ad esempio, in Omero (Il. 14, 321), Esiodo (Theog. 357), nell’Inno Omerico ad Apollo (251: “quanti abitano l’Europa e le isole circondate dal mare”) con chiaro riferimento al nord della Grecia e all’Egeo settentrionale, nell’ epillio di Mosco di Siracusa (II secolo a.C.) Erodoto, il padre della historìa, è il primo a descrivere l’Europa in termini più precisi, come un continente più vasto di Asia e Libia (Africa) messe insieme (IV,42). Per una trattazione estesa dell’argomento, cf. SORDI, Marta, L’Europa nel mondo antico, Milano 1986; PASSERINI, Luisa, Il mito d'Europa: radici antiche per nuovi simboli, Firenze 2002.
[2] http://www.rmoa.unina.it/1072/1/RM-Polonio-SanColombano.pdf
[3] Basti pensare alla sanguinosissima guerra serbo-bosniaca degli inizi egli anni ’90, con oltre 200.000 vittime.
[4] Azzeccata l’immagine di Massimo Cacciari di un’Europa trasformata in “centro storico” del mondo.
[5] “We Europeans cannot afford to waste our energies on internal disputes […] I want to see us work more closely on the things we can do better together than alone”. Per il discorso di Bruges https://www.austriancenter.com/thatcher-europe/
________________________________________ È un articolo supportato da pubblicità ________________________________________
 
 

 
 


claudio salone | 23 maggio 2019 alle 6:24 | Etichette: Adenauer, Carlo Magno, De Gasperi, De Gaulle, Europa, Margareth Thatcher, Mythos e historia, Schumann, Sogno europeo, UE | Categorie: politica | URL: https://wp.me/p3UWjW-ku
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Non esiste un progresso lineare della conoscenza, dal “mythos”, racconto fantastico e spesso ominoso degli eventi, alla “historìa”, narrazione scientificamente fondata degli stessi eventi e ricerca delle loro cause.  Si tratta di due dimensioni del conoscere che intrecciano sempre tra loro diversi fili di differenti colori. L’importante è tenerle sempre distinte. Ciò vale anche per l’Europa, che è al tempo stesso  mythos e historìa.
Il mito
 Il rapimento di Europa in un affresco pompeiano dalla Casa di Giasone
Il nome di Europa, da “euru”, “ampio”, e “opa”, “orao”, “vedere” e quindi “dall'ampio sguardo”, fa riferimento all'occhio dei bovini, capace di un orizzonte molto esteso. Di origine vicino-orientale, sarebbe l’ipostasi della colonizzazione dell’occidente da parte dei Fenici. Esso ha come protagonista la figlia del re di Tiro, Europa appunto, rapita in riva al mare e portata a Creta da Zeus apparso in forma di candido toro; l’antropomorfizzazione velerebbe, sotto le spoglie della fanciulla, una giovenca, che, accoppiatasi con il toro sacro (Zeus), diventò poi capostipite della dinastia cretese (Minosse era suo figlio e padre a sua volta del Minotauro). Il regno cretese fu dunque, secondo questa “spiegazione” mitica, il primo regno europeo, con una sfera di influenza estesa anche alla parte settentrionale dell’Egeo. In Beozia esisteva poi un’altra versione del mito, in cui “Europa” era un epiteto di Demetra e significava “dalla notte oscura”, come il profondo, esteso e inesplorato nord del Continente[1].
La storia
In generale, dalla tradizione greco-romana emerge un’identità “nordica” dell’Europa, quasi fosse un’immensa retrovia del mondo mediterraneo.
Nella tarda antichità (V secolo), l’abate irlandese Colombano, si riferisce a papa Gregorio Magno come al “totius Europae flaccentis augustissimo quasi cuidam Flori” (Ep. I), “al più augusto fiore di tutta la decadente Europa” e a Bonifacio IV come: “Pulcherrimo omnium totius Europae Ecclesiarum Capiti, (Ep. IV) “al più bel capo di tutte le Chiese dell’intera Europa”. Non è facile dire di che Europa si tratti. Colombano sembra identificare il patriarcato d’Occidente (Roma) e il continente europeo, dove si mescolano e si compenetrano i resti del mondo tardo-antico e le nuove genti germaniche; da irlandese, l’Europa gli appare come l’unico termine in grado di definire il “calderone in cui egli si trova a vivere e a operare”[2]. Presso un altro monaco, Isidoro, troviamo l’aggettivo “Europeenses” a indicare le schiere che, a Poitiers, nel 732, fronteggiarono gli Arabi: “prospiciunt Europeenses Arabum tentoria, nescientes cuncta esse pervacua”.
Fu Carlo Magno a fondare, tra la fine dell’VIII e l’inizio del IX secolo, il primo imperium autenticamente europeo, cioè a dire continentale, in cui trovarono una rinnovata unità politica l’elemento germanico, quello gallo-romano e quello italico, tutti cementati dalla comune fede nella religione di Roma, nell'uso di un'unica lingua franca, il latino, e di un’unica moneta, il denaro.
La fucina carolingia forgiò dunque il prototipo di un’entità unitaria politica e culturale continentale che si può definire europea. Tuttavia, come si sa, le antiche linee di faglia, storiche, geografiche e politiche a un tempo, il Reno, il Danubio, le Alpi, iniziarono a dislocarsi e nel corso dei secoli quella unità finì per decomporsi, in un processo che conobbe, tra le sue tappe salienti, la Riforma luterana, La Prima Guerra dei Trent'anni, il graduale abbandono del latino come lingua comune e infine, dopo Napoleone, lo svanire definitivo anche del fantasma del Sacro Romano Impero Della Nazione Germanica.
Altro discorso per la koinè culturale europea, che non ha invece mai cessato di svilupparsi in quanto tale. Dalla filosofia alla letteratura, dalla musica alla pittura, alle arti e alle scienze in generale, le élites del Vecchio Continente hanno continuato nel loro dialogo secolare, dando vita a una civiltà che a buon diritto si può definire universale, capace di “europeizzare” quasi tutto il globo terrestre.
All'interno di un immenso campo di forze, con un baricentro economico e politico sempre in movimento, dal Mediterraneo prima (Repubbliche marinare, Comuni e signorie italiane) all'Atlantico (scoperta dell’America), da ovest (Spagna, Francia, Inghilterra) al centro (Austria, Germania) a est (Russia e poi l’URSS), l’idea di un’autentica unità politica continentale non si è mai più affacciata alla ribalta, se non nei diversi tentativi di egemonia continentale messi in atto dell’una o dell’altra potenza (l’impero absburgico di Carlo V, la Francia di Luigi XIV e poi di Napoleone I, la Germania del I e del III Reich).
Tra la prima e la seconda fase della Seconda Guerra Europea dei Trent'anni (1914-1945), un’Europa annichilita ha cercato di ritrovare le ragioni dell’unità. Diversi importanti intellettuali e politici (basti citare Aristide Briant, Gustav Stresemann, Hugo von Hofmannsthal, Richard Coudenhove Kalergi), tentarono, invano, di proporre nuove soluzioni politiche per una Europa che non fosse più, come in passato, mero obiettivo egemonico di una singola potenza, bensì, proprio nel segno di una cultura comune e condivisa, un luogo di possibile concordia e condivisione di risorse e sovranità. Dopo il ’45, nello stato di prostrazione che accomunava vinti (Germania, Italia) e vincitori (Francia, Regno Unito), il renano Adenauer, l’alsaziano Schumann, il trentino De Gasperi, non per caso tutti uomini di frontiera ed educati alla cultura tedesca, ripresero quei tentativi esperiti negli anni ‘20 e, approfittando della estrema debolezza dell’Europa di fronte ai nuovi giganti globali USA e URSS, a partire dagli inizi degli anni ’50 riuscirono a muovere i primi passi (CECA) verso un progetto di unità politica continentale.
È in questo contesto tra mythos (come già contro gli Arabi a Poitiers nel 732, contro i Turchi a Lepanto nel 1571 e sotto le mura di Vienna nel 1683, l’Europa diventò il bastione della libertà contro “il barbaro” totalitarismo sovietico) e historìa (la Guerra Fredda, l’equilibrio del terrore tra USA e URSS) che si è formata e consolidata l’Europa dei “miracoli economici” e della lunga pace che abbiamo conosciuto fino alla caduta del Muro di Berlino (1989), al riparo dell’ombrello militare statunitense e della simmetrica oppressione del socialismo reale.
Caduto il Muro e rovinosamente sconfitto l’esperimento del socialismo reale nell'Europa centrale e orientale, quello stesso mito assunse i caratteri dell’assoluto metastorico (vedi l’effimero Fukuyama), diventando una sorta di totem inscalfibile e indiscutibile per tanta cultura progressista. Mito, appunto. E l’historìa?
La scomparsa del bipolarismo planetario e l’irrompere sulla scena internazionale di altri grandi protagonisti globali (Cina su tutti), hanno rotto gli antichi equilibri[3] e da allora l’Europa rischia di passare dalla linea del fronte alle retrovie[4]. Questo processo avrebbe dovuto indurre a ragionare (historìa) sull'Europa e sul suo destino e non più a idoleggiarla acriticamente (mythos).
E invece un nebuloso “sogno europeo” ha continuato a dominare le menti, incuranti della realtà mutata. Governata da un esercito di 50.000 addetti tra Bruxelles, Strasburgo e Lussemburgo (erano 100.000 tra mandarini e impiegati i burocrati che, alla fine del XVIII, facevano funzionare l’immensa Cina imperiale) e da un sistema politico-decisionale privo di autentici controlli democratici, tendente a confondere l’azione politica con quella amministrativa, la UE è tornata ad essere, come in passato, mero campo per l’esercizio egemonico di alcuni Stati nazionali (la Germania, innanzi tutto, con l’appoggio di una Francia sempre più  à bout de souffle).
Un mythos però funziona solo se è capace di esprimere una coscienza collettiva; a differenza del periodo antecedente l’89, esso è oggi profondamente offuscato da sentimenti crescenti di nazionalismo, dalla ricerca di un’identità culturale e politica che si considera perduta senza contropartite. Né l’Euro introdotto oltre vent'anni fa (moneta comune, ma non unica) ha ancora coinvolto tutti gli Stati della UE, finendo per non giovare alla causa dell’unità europea e per accrescere le diseguaglianze e i rancori all’interno delle singole comunità nazionali.
Per questo non basta più recitare il vuoto mantra del “sogno europeo”. È necessario tornare a riflettere politicamente sulla “questione europea”.  Due le alternative: la prima, la più difficile, prevede l’accelerazione (se non l'avvio vero e proprio) di un processo serio di integrazione politica, economica e militare, con cessioni sostanziali di sovranità da parte degli Stati membri, che veda come interlocutori privilegiati sia la Russia – che è, fino a prova contraria, Europa – che gli USA; la seconda è quella di imboccare la strada opposta: iniziare ad allentare i legami costitutivi di un mitologema che con tutta evidenza non funziona più (Gli Stati Uniti d’Europa) e mettersi al lavoro per riorientare la politica europea su un sistema di alleanze flessibili, di patti bi-tri-quadrilaterali su temi di comune interesse, per costruire non già uno stato federale europeo unitario, ma, come voleva Margareth Thatcher nel suo celebre discorso di Bruges, “un’organizzazione sovranazionale basata sulla cooperazione volontaria tra stati sovrani”[5]. Tertium non datur. A dire il vero, un Tertium appare all'orizzonte, nei segnali di disgregazione che si fanno sempre più forti. Siamo sicuri che la Brexit rappresenti solo un’anomalia dell’oggi?
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[1] “Europa” potrebbe anche essere la trasposizione fonetica quasi letterale di “ereb” (gharb in arabo), vocabolo di radice semitica, che sta a indicare l’occidente, ovvero le terre poste a ovest della costa siriana. Nelle fonti iconografiche la fanciulla rapita appare quasi sempre velata e quasi sempre cavalca all’amazzone il toro divino. Europa compare, ad esempio, in Omero (Il. 14, 321), Esiodo (Theog. 357), nell’Inno Omerico ad Apollo (251: “quanti abitano l’Europa e le isole circondate dal mare”) con chiaro riferimento al nord della Grecia e all’Egeo settentrionale, nell’ epillio di Mosco di Siracusa (II secolo a.C.) Erodoto, il padre della historìa, è il primo a descrivere l’Europa in termini più precisi, come un continente più vasto di Asia e Libia (Africa) messe insieme (IV,42). Per una trattazione estesa dell’argomento, cf. SORDI, Marta, L’Europa nel mondo antico, Milano 1986; PASSERINI, Luisa, Il mito d'Europa: radici antiche per nuovi simboli, Firenze 2002.
[2] http://www.rmoa.unina.it/1072/1/RM-Polonio-SanColombano.pdf
[3] Basti pensare alla sanguinosissima guerra serbo-bosniaca degli inizi egli anni ’90, con oltre 200.000 vittime.
[4] Azzeccata l’immagine di Massimo Cacciari di un’Europa trasformata in “centro storico” del mondo.
[5] “We Europeans cannot afford to waste our energies on internal disputes […] I want to see us work more closely on the things we can do better together than alone”. Per il discorso di Bruges https://www.austriancenter.com/thatcher-europe/
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claudio salone | 23 maggio 2019 alle 6:24 | Etichette: Adenauer, Carlo Magno, De Gasperi, De Gaulle, Europa, Margareth Thatcher, Mythos e historia, Schumann, Sogno europeo, UE | Categorie: politica | URL: https://wp.me/p3UWjW-ku
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