La guerra provocata in Ucraina

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La guerra russo ucraina non è iniziata il 24 febbraio del 2022, ma ha radici vecchie di un trentennio almeno.

Il titolo di questo agile libretto * è già di per sé “compromettente”. Non si dice infatti “se” l’Occidente abbia provocato la guerra in Ucraina, ma “come” (“how” nel titolo originale) l’abbia fatto.

L’assunto di partenza è dunque dato per certo. Tuttavia non si tratta di un testo dogmatico, ma argomentativo di un aspetto dell’attuale conflitto russo-ucraino che ben poco emerge dalle pagine dei giornali e più in generale dai media della nostra parte di mondo (Europa, Canada, USA, Giappone, Australia), che – è bene ricordarlo – non racchiude affatto la maggior parte della popolazione della terra, ma “solo” la stragrande maggioranza della ricchezza globale.

La guerra ha compiuto un anno. A convincermi a tornare sull’argomento e a suggerire la lettura del libro di Abelow, “molto ben fatto” (Noam Chomsky), “indispensabile per comprendere le vere cause del disastro in Ucraina” (Mearsheimer), è stata la constatazione (un wishful thinking da parte mia?) di un accrescersi nell’opinione pubblica – anche in questo caso assai mal ripresentata nelle istanze politiche e di governo - dei dubbi sulla vulgata che dei fatti di guerra ci viene propinata ogni giorno.

Su cosa ci fa riflettere in buona sostanza Abelow?

1. – La guerra russo ucraina non è iniziata il 24 febbraio del 2022, ma ha radici vecchie di un trentennio almeno, dalla caduta del presidente etilista Eltsin e dalla successiva ascesa al potere di Vladimir Putin, ben più coriaceo del suo predecessore nella difesa della Federazione russa (raramente viene messo in evidenza il fatto che il governo crudelmente autocratico dello “zar Vladimir” in circa vent’anni ha fatto triplicare il PIL pro-capite della Russia) e assai meno disposto a dare mano libera all’anarco-capitalismo scaturito dalla de-sovietizzazione dell’economia del suo paese.

2. Zelenski è salito al potere con un colpo di stato, ha perseguito e persegue politiche autoritarie (presenza al governo di "quattro figure di spicco che possiamo legittimamente definire neofasciste" secondo Mersheimer, cancellazione dell’identità culturale russa in Ucraina, negazione dell’autogoverno al Donbass, messa fuori legge di partiti avversi. Le recenti misure prese dal governo ucraino nei confronti di giornalisti non allineati non hanno avuto se non tiepidissime reazioni dalle nostre parti).

3. Putin, invadendo l’Ucraina, è caduto in una trappola e ha commesso un terribile errore. Non perché sia uno psicopatico assetato di sangue, ma perché non ha saputo continuare ad agire sul piano politico e diplomatico all’accerchiamento (vedi l’ultimo accordo con Angela Merkel).

Molto opportunamente Abelow richiama la mai dimenticata “dottrina Monroe”, formulata nel 1823 per il continente americano e che poi è stata estesa a tutto l’emisfero occidentale. In tal senso va intesa la politica di allargamento della NATO (creatura statunitense) verso est (ricordate le parole di papa Francesco su una NATO che “ha abbaiato” ai confini della Russia?). La rinascita di una Russia economicamente potente, con immense riserve di preziose materie prime e dotata di un temibilissimo armamento nucleare, rappresentava una minaccia seria all’egemonia statunitense, già fragilizzata in Asia dal colosso cinese.

Abelow insiste sui pericoli di guerra nucleare in cui ci hanno trascinato “la stupidità e la cecità da parte del governo americano e dei leaders europei” e richiama molto opportunamente non tanto l’abusato quanto sciocco parallelo tra Hitler e Putin, quanto la situazione che precedette lo scoppio della Prima Guerra Mondiale e i meccanismi “automatici” che ne furono alla base: danzando sull’orlo dell’abisso si rischia seriamente di precipitare.

Tuttavia l’Autore pare limitare la prospettiva interpretativa entro i confini USA, al rapporto dialettico tra Pentagono e Casa Bianca, alle scelte dissennate di una politica militarmente aggressiva (il dislocamento di missili a medio raggio in Polonia, in Romania e negli stati baltici), perseguita da democratici e repubblicani ben al di là della “containment policy” formulata nel 1946 da George Kennan, che peraltro lo stesso Abelow annovera signifiativamente tra i critici della politica di espansione a est della NATO.

Le provocazioni “occidentali” nei confronti della Federazione russa, la minaccia di inglobare nella NATO prima la Georgia e poi l’Ucraina, che con la Russia condivide circa 2.000 km di confine, non hanno avuto solo lo scopo di mettere fuori gioco Mosca, indebolendone il sistema economico e militare, ma anche e forse soprattutto quello di eliminare definitivamente dalla scena mondiale la prospettiva di un’Europa politicamente unita ed economicamente florida, che poteva contendere agli USA l’egemonia nel campo “occidentale”.

L’utopia degaulliana di un’Europa dall’Atlantico agli Urali è stata sempre la Bestia Nera degli Stati Uniti. Il “matrimonio” tra materie prime russe a buon mercato e tecnologie europee all’avanguardia non s’aveva da fare. La distruzione del gasdotto nel Baltico ne costituisce un evidente corollario. Né si poteva consentire la nascita di un esercito europeo (Macron), autonomo rispetto alla NATO.

L’occasione ucraina andava colta in tutte le sue valenze e gli USA lo hanno fatto con successo. Si può dire che questa sia la prima guerra che gli Stati Uniti sono riusciti a vincere dal tempo del conflitto coreano. E per di più senza mettere i boots on the ground e senza perdere nessun soldato – a morire sono gli ucraini.

Quello che stupisce non è tanto il balbettio di Bruxelles, ormai sempre più una fictio iuris autoreferenziale, che trova nella pochezza di Ursula von der Leyen la sua plastica incarnazione, bensì l’assenza politica e strategica di due comunque grandi potenze come la Francia e la Germania.

Quest’ultima in particolare, tagliata fuori dalle sue “fisiologiche” relazioni con la Russia in termini di commercio di tecnologie e materie prime, vede messo a repentaglio il suo export di qualità (prima della guerra era la terza potenza mondiale per surplus commerciale). Il costo dell’energia, in assenza del gas e del petrolio russo, non rimpiazzabile con il GNL americano, si accrescerà in misura tale da mettere a repentaglio l’intero attuale sistema produttivo tedesco. Si contano già le prime fabbriche tedesche che delocalizzano negli USA a causa degli insopportabili costi energetici.

Se la guerra continua – e gli Stati Uniti hanno evidentemente tutto l’interesse a farla continuare – noi europei ne usciremo con le ossa rotte.

La crisi ucraina era “prevedibile, prevista ed evitabile” (Sawka). È tempo dunque di riconsiderare la nostra politica di europei, i cui interessi, se pure non collidono con quelli americani, non sono certo gli stessi. Tornare a indagare le cause del conflitto, “senza rissa mediatica e sbuffi di intolleranza” (Canfora), per formulare proposte di soluzione accettabili da tutte le parti in causa dovrebbe essere un compito urgente, soprattutto dell’Europa che conta (Germania e Francia).

*How the West brought war to Ukraine. Understanding how U.S. and NATO policies led to crisis war and the risk of nuclear catastrophe, 2022, pp. 81

Claudio Salone

Professor of ancient literatures, Rome - https://claudiosalone39.wordpress.com/