La lotta all'evasione fiscale è possibile...se il governo vuole

Sottotitolo: 
Gli strumenti di deterrenza e di controllo esistono; non mancano gli strumenti tecnici ma la volontà poltica di metterli in atto.

La manovra italiana di ferragosto minaccia severe sanzioni per gli evasori, con chiusura di esercizi commerciali e studi professionali in caso di mancata emissione di scontrini e fatture. Queste misure saranno efficaci come le grida manzoniane. Una trentina di anni fa fu varata la legge “manette agli evasori”, ma di questi in galera non sembra che ce ne siano, e gli studi sull’evasione e sull’economia nera segnalano che il fenomeno è vivo e vegeto.

L’Italia (con la Grecia) è il paese dove l’evasione ha il peso maggiore, e ciò deriva da una serie di fattori: un numero più che doppio di piccoli operatori economici, sia nell’industria che nei servizi; una limitata funzionalità della macchina fiscale; una diffusa idea che evadere è come superare un po’ i limiti di velocità, in fondo che male c’è, se non ti becca l’autovelox? Nei paesi scandinavi i reati più gravi (a parte quelli di sangue) sono l’evasione fiscale e la guida in stato di ubriachezza.

La via più efficace per contrastare il fenomeno evasivo non è quella sanzionatoria, che ovviamente non deve mancare, ma quella dell’azione di deterrenza, che opera aumentando la spontanea adesione degli operatori alle regole fiscali. Per fare questo i contribuenti devono percepire una probabilità elevata di essere individuati dall’Agenzia delle entrate; nel periodo 2006-2007 l’evasione diminuì in via preventiva, in seguito ai provvedimenti di Visco sulla tracciabilità, l’elenco clienti-fornitori, le limitazioni all’uso del contante.

La misura principale da adottare, a tal fine, è molto semplice: le banche, la posta, i fondi d’investimento, insomma tutti gli operatori finanziari, inviano all’Agenzia delle entrate i documenti che periodicamente spediscono ai loro clienti; la stessa cosa deve avvenire nel caso di vendite di beni durevoli di rilevante entità, come gli automezzi. Nelle transazioni immobiliari devono essere segnalati i valori di mercato, e non solo i valori catastali, anche se le imposte dovessero continuare a essere pagate su questi ultimi.

In tale modo la conoscenza delle consistenze patrimoniali, reali e finanziarie, e dei flussi dei redditi, in capo a ciascun contribuente, permette di incrociare patrimoni e redditi e verificarne la congruità, in analogia a quanto avviene per i rendiconti finanziari delle società quotate. Lo stesso “redditometro”, inoltre, acquisirebbe un ulteriore strumento di controllo di immediata efficacia. Anche nel caso delle prestazioni sociali soggette alla prova dei mezzi, l’Agenzia delle entrate potrebbe comunicare all’Inps non solo se il richiedente si è dimenticato di segnalare l’esistenza di un conto in banca, ma la consistenza media nel corso dell’anno dello stesso.

I due soli modi per sfuggire ai controlli sono le operazioni compiute totalmente all’estero e quelle che si basano sul contante. Per le prime gli accordi già vigenti sia in sede europea sia a livello internazionale, nonché le misure contro i paradisi fiscali, possono limitare in parte queste scappatoie. Occorre, tuttavia, intensificare il lavoro per rendere maggiormente operative le misure esistenti e introdurne di più stringenti. Per quanto riguarda l’uso del contante, il circuito cash, per essere efficace non deve mai intersecarsi con una banca; controlli a campione possono quindi essere usati, in aggiunta ad altre disposizioni, per limitare l’uso del contante.  

Questo cordone ombelicale tra fisco e sistema finanziario esiste già in altri paesi, per esempio negli USA e in Francia. Potrebbe essere creato anche in Italia, ma non da un governo come quello attuale, che ha condonato a destra e a manca. La misura, infatti, impatta su una vasta platea di contribuenti, costituita da imprenditori, commercianti, professionisti e proprietari di immobili, nonché dipendenti con secondo lavoro in nero. Sono prevedibili le proteste che accompagnerebbero l’adozione di queste misure; si leverebbe una campagna su certa stampa con accuse di “grande fratello” e neo bolscevismo, che solo un governo diverso dotato di una ferma volontà e di una maggioranza solida sarebbe in grado di sostenere.
 

Ruggero Paladini

Economist - Professor of "Scienza delle Finanze" at University "La Sapienza" Roma; Member of the Economic Board of Insight - ruggero.paladini@uniroma1.it