La pace secondo l’ambasciatore iracheno a Roma

Sottotitolo: 
Intervista a Saywan Barzan. L' Ambasciatore dell'Iraq in Italia, di origine curda, manifesta senza reticenze  la sua riconoscenza per “ i liberatori americani”. Ma a Bagdad si cointinua a sparare.

Il nome dell'ambasciatore è illustre e impegnativo. La storia contemporanea del Kurdistan si identifica infatti con la lotta per l'indipendenza della regione guidata dal generale Mustafa Barzani, protagonista  della scena politica curda per oltre trent'anni e feroce nemico del partito Baath, al potere in Iraq dal 1958 fino alla alla fine di Saddam Hussein.
L'ostilità del leader kurdo contro il governo centrale era  giustificata. 
Dopo una guerra contro il  Kurdistan che aveva distrutto quasi interamente la regione e svuotato le casse del governo e dopo che era risultata inutile la condanna a morte del leader, nel 1963 Bagdad aveva messo sulla testa di Barzani una taglia di 100 mila dinari, pari a circa due milioni di Euro attuali.
Con questi precedenti familiari, non sorprende che il dott. Saywan Barzani, ambasciatore dell'Iraq presso lo Stato italiano,  manifesti senza reticenze la sua soddisfazione per la fine del dittatore di Bagdad e la sua riconoscenza per “ i liberatori americani”.
Gli orrori del passato regime che secondo l'ambasciatore superano di gran lunga la tragedia della guerra appena conclusa e che anzi la giustificano, debbono adesso lasciare il posto alle speranze di un nuovo Iraq.
Il dott. Barzani è giovane e ottimista. In Iraq si continua a morire, gli attentati si susseguono, ma    alla fine anche il terrorismo si dovrà esaurire. La gente vuole vivere, il Paese vuole risorgere.
Proprio mentre parlavamo, a Bagdad esplodeva l'ennesima bomba, vicino all'ambasciata dell'Iran, ai limiti della controllatissima zona verde,  pochi minuti prima che iniziasse il vertice della Lega Araba . 


Ambasciatore, nove anni fa iniziava l'invasione dell'esercito americano in Irak. Abbiamo assistito a massacri e violenze inimmaginabili e adesso, forse, si apre una pagina nuova per il suo Paese. Ma in realtà, com'è oggi la situazione dell'Iraq?

L'Iraq adesso è libero e la libertà non ha prezzo. Voi europei ne sapete qualcosa, visto che avete affrontato una guerra mondiale per liberarvi dalle dittature. Per quanto riguarda la popolazione dell'Iraq,  forse ancora non è a tutti nota la tragedia che il Paese è stato costretto a subire da quando il partito Baath ha preso il potere. Il Kurdistan, in particolare, ha pagato il prezzo più alto,un prezzo terribile, con le stragi indiscriminate della sua popolazione,  le distruzioni sistematiche dei villaggi comandate dal regime di Bagdad.

Il Kurdistan è notoriamente una regione ricca di petrolio.  La produzione è tornata a livelli normali? Come vengono distribuiti i redditi che  derivano dallo sfruttamento dei pozzi? E' prevista una autonomia amministrativa in questo settore?

Nel Kurdistan vengono estratti  attualmente 180 mila barili  di greggio al giorno.
L'aspettativa è di arrivare a 2 milioni, ma per le riserve esistono ragionevoli previsioni per una produzione molto più vasta .  Non abbiamo finora una legge che riguardi specificatamente la produzione  del greggio  e possiamo fare riferimento soltanto sulla  Costituzione  che affida al governo federale la gestione  delle risorse e l'amministrazione  dei redditi. Diversi saranno i provvedimenti  per le zone minerarie  ancora inesplorate  e per i nuovi giacimenti di greggio, la gestione dei quali verrà affidata ai governi regionali.  Gli introiti, però,  saranno sempre e comunque gestiti da Bagdad. 

Ambasciatore, lei mi parlava del prezzo che una popolazione è tenuta a pagare per ottenere la libertà. Questo prezzo, oggi, è stato pagato tutto?

No, non ancora. Vede, in Iraq convivono quattro etnie. Non è facile metterle tutte d'accordo.

E però adesso mi sembra che facciate pagare ai sunniti un prezzo molto alto per la lunga detenzione del potere mantenuta da loro nel passato.  Non crede che siano un po' troppo emarginati? 
 
Assolutamente no.  Nell'esecutivo e nell'Assemblea le etnie sono rappresentate in proporzione al numero della popolazione.  Sono sunniti il vice presidente, il presidente dell'Assemblea e il vice primo ministro. Il rispetto delle minoranze è rigorosamente osservato .Le donne, per esempio,  coprono il 25 per cento dell'Assemblea.

Com'è ora la presenza dei cristiani in Iraq?  Secondo diverse fonti attendibili, una gran parte di loro era fuggita durante la guerra dall'Iraq.

Non dall'Iraq, da Bagdad. La maggior parte, si era rifugiata in Kurdistan. Comunque, adesso stanno tornando e  il loro numero si aggira intorno al milione.  Sono attestati nella pianura di Ninive che è la loro zona tradizionale e, ancora, nel Kurdistan.

Come sta Tarek Aziz?

Tarek Aziz è in prigione e, per tutti i crimini che ha commesso, è fortunato a stare in prigione. Eh, voi europei vi preoccupate tanto di lui e forse non sapete che è un criminale e della peggiore specie. Lo sa che la metà dei cristiani iracheni era contro di lui? Lo sa che ha distrutto 280 chiese in Kurdistan e che ha ucciso migliaia e migliaia di cattolici? Cifre alla mano, sono pronto a dimostrare quello che sto dichiarando. Ecco, se dovessi dare un consiglio a Tarek Aziz, gli direi di confessarsi, ne ha proprio bisogno.

 Il terrorismo resta ancora una piaga profonda e colpisce soprattutto i pellegrini che si recano nelle città sante sciite di Najaf e Kerbala. Prevede una soluzione in tempi ragionevoli?

Diciamo la verità. Più si afferma la democrazia, più il terrorismo scompare. Da quando Gheddafi è scomparso, non ci sono più terroristi libici in Iraq e così per quanto riguarda l'Egitto e  gli altri paesi che erano sotto dittatura. Guardi, di tutti i terroristi catturati in Iraq, l'82 per cento erano arabi di altra provenienza, reclutati da Al Qaeda per disperazione, per fame, perché privi di ogni risorsa per vivere. Purtroppo il problema non è ancora stato risolto e, se pure la nostra Costituzione prevede la libertà di religione, la realtà è diversa. Ma io credo davvero che se gli arabi riusciranno a conquistare la democrazia, il terrorismo scomparirà.

Prevede che in un prossimo futuro verranno normalizzate le relazioni tra l'Iraq e Israele?

Noi vogliamo la pace e se la lega Araba dichiara che la pace comporta la normalizzazione dei rapporti con Israele, con il quale peraltro non abbiamo frontiere in comune, noi siamo pronti a stabilire le relazioni diplomatiche.  Comunque, si adegueremo sempre  alle decisioni della Lega Araba.

Paola Brianti