Laschet leader della Cdu, ma la successione a Merkel non è scontata

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Il principale partito tedesco ha operato una scelta di continuità sia nella strategia politica interna sia in quella europea ed internazionale.

Keine Experimente: con questo slogan non certo innovativo Konrad Adenauer vinse le elezioni politiche del 1957, a dispetto della crescente ansia di rinnovamento e della presa d’atto che il quadro politico stesse cambiando. Con queste stesse parole si potrebbe riassumere la ricetta del successo di Armin Laschet, incoronato leader della Cdu dopo aver vinto al ballottaggio contro Friedrich Merz nel secondo giorno del congresso, sabato 16 gennaio.

Il principale partito tedesco ha operato una scelta di continuità sia nella strategia politica interna sia in quella europea ed internazionale. Governatore del Nord Reno-Vestfalia, Laschet è un politico navigato con un’esperienza al Parlamento europeo e come ministro federale (è stato titolare del dicastero dell’Integrazione). In questa corsa per la leadership della Cdu ha fatto coppia con Jens Spahn, attuale ministro della Salute, il quale è stato nominato tra i vicepresidenti del partito.

La linea della continuità
Ragionando a caldo sulla potenziale linea che Laschet potrebbe avere rispetto alle grandi questioni europee e internazionali si può immaginare una sostanziale prosecuzione dell’impostazione data da Angela Merkel, di cui Laschet viene descritto come il continuatore più fedele. Vi è chi lo descrive più in sintonia con i Liberali che con i Verdi, il che potrebbe avere un impatto sulla linea dei cristiano-democratici rispetto alle riforme della green economy, ma è difficile immaginare una sintonia maggiore tra il vertice del partito e la cancelliera.

Laschet conosce infatti le istituzioni europee e, a livello di visione, si pone all’interno di un solco euro-atlantico molto tradizionale. Non sono certo mancati, anche nel recente passato, alcuni tentativi di marcare moderatamente le distanze da Merkel: in particolare, Laschet si è pronunciato a favore di un maggiore protagonismo della Germania sulla scena europea e per una maggiore assertività di Berlino sui temi economici e finanziari. Lo ha rimarcato, in particolare, in occasione dei negoziati sulla Brexit. Queste prese di posizione sono però da vedere più come un tentativo di guadagnare spazio politico (soprattutto in vista della competizione che si è appena conclusa) che come una oggettiva diversità di prospettiva.

Il cancellierato non è a portata di mano
Un fattore problematico è però rappresentato dalle elezioni politiche federali del 26 settembre, che impongono alla Cdu la scelta ulteriore del candidato alla cancelleria. L’idea che sia Laschet, in quanto leader del partito, a presentarsi come successore di Merkel è tutt’altro che condivisa sia fuori che dentro la Cdu. Al governatore si rinfaccia una certa opacità politica, anche se è vero che molti cancellieri che poi hanno segnato la storia tedesca (si pensi a Helmut Kohl) hanno avuto un inizio in sordina. Molto dipenderà poi da come andranno le elezioni regionali previste prima del voto generale, a marzo, in Baden-Würrtemberg, Renania-Palatinato e Sassonia-Anhalt.

Al di là della congiuntura politica vi sono però alcune debolezze strutturali che caratterizzano la figura di Laschet. La prima riguarda il rapporto con l’ala più conservatrice della Cdu: Friedrich Merz è stato sconfitto, ma è innegabile che i risultati – 52% a 48% – hanno confermato l’esistenza e il peso di una corrente che è in netto disaccordo con la linea del partito definita da Merkel e di cui Laschet è il continuatore. All’indomani delle precedenti elezioni per il rinnovo del vertice della Cdu, quelle del dicembre 2018 che avevano sancito l’effimera vittoria di Annegret Kramp-Karrenbauer, l’ordine di scuderia era stato quello di escludere Merz dalla governance del partito. Ora, il perseguimento di questa linea di esclusione del perdente e delle sue istanze appare più problematica.

L’opzione Csu
La seconda debolezza si chiama Baviera: il peso del partito fratello della Cdu, la cristiano-sociale Csu, che è sempre stato determinante per gli orientamenti più generali, si sta rilevando sempre più decisivo al punto che, da più parti, si ipotizza una “alternativa bavarese” anche per il cancellierato. In passato la carta bavarese si era rivelata poco pagante, come accadde nel 1980, quando Franz Josef Strauss perse contro il socialdemocratico Helmut Schmidt. Adesso, però, le cose stanno diversamente e Markus Söder – presidente della Baviera e leader della Csu – appare come un candidato credibile. Vi è, infine, una competizione interna alla stessa corrente di Laschet: in molti, infatti, guardano a Jens Spahn come a una figura più giovane e dinamica che potrebbe accrescere i suoi consensi soprattutto se, nei prossimi mesi, consolidasse la sua immagine di successo nella gestione della pandemia.

Il confronto per l’individuazione del prossimo candidato cancelliere del centro-destra tedesco verterà principalmente su temi di politica interna, ma è certamente immaginabile vi possano essere alcune differenziazioni anche sul ruolo della Germania in Europa e sui grandi dossier europei.

Federico Niglia

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