L'Autunno dell'eurozona

Sottotitolo: 
Le previsioni ufficiali annunciano un continuo peggioramento della situazione.Il fstto è che. a dispetto dell'ostinata fede della Commissione europea, la Terra nin è al centro dell'Universo.

Autunno
Già lo sentimmo venire / nel vento d'agosto,
nelle piogge di settembre / torrenziali e piangenti
.

Questi versi di Vincenzo Cardarelli descrivono bene le previsioni autunnali della Commissione Europea.

Proprio all’inizio dell’editoriale del documento, a firma di Marco Buti (Direttore generale degli Affari economici e finanziari), leggiamo le seguenti parole: “appena dopo un anno di moderata crescita, l’andamento dell’economia dell’UE comincia a rallentare nella primavera 2014. Nella seconda metà di quest’anno la crescita del PIL nell’UE sarà molto modesta, mentre quella dell’area euro sarà pressoché nulla”.

Vediamo allora le previsioni sulla crescita del PIL formulate dalla Commissione in primavera e confrontiamole con quelle recenti, misurando lo scarto percentuale per i quattro maggiori paesi dell’eurozona e per tre paesi fuori dall’euro.

                                               Tassi di crescita del PIL e scarti percentuali 

                       Previsioni  primavera-autunno 2014      var.%       Previsioni primavera -autunno 2015    var. %

Francia

1

0,3

-70%

1,5

0,7

-53%

Germania

1,8

1,3

-28%

2

1,1

-45%

Italia

0,6

-0,4

-167%

1,2

0,6

-50%

Spagna

1,1

1,2

+9%

2,1

1,7

-19%

Polonia

3,2

3

-6%

3,4

2,8

-18%

Regno Unito

2,7

2,7

0

2,5

2,5

0

Svezia

2,8

2

29%

3

2,4

-20%

Come si vede la revisione delle stime è particolarmente forte per l’Italia e la Francia, ma sensibile (nel 2015) anche per la Germania. Nel caso dell’Italia vi è addirittura un cambio di segno da più a meno. Per i tre paesi dell’UE fuori dall’euro le variazioni sono più contenute (nel caso del Regno Unito del tutto nulle).

Insieme alla frenata della crescita, cadono anche le previsioni sull’inflazione, che comunque anche in primavera era stimata ben sotto il 2%. I maggiori scarti, non casualmente, sono quelli di Francia ed Italia:

                                              Tassi di inflazione e scarti percentuali

                   Previsioni  primavera- autunno 2014        var.%         Previsioni primavera -autunno 2015    var. %

Francia

1

0,6

-40%

1,1

0,7

-36%

Italia

0,7

0,2

-71%

1,2

0,5

-58%

Non casualmente, perché nel modello della Commissione l’inflazione è legata alle stime sul prodotto potenziale; più bassa è la potenzialità di crescita economica, maggiore la spinta inflazionistica. Gli economisti della Commissione sono molto bravi, ma anche Tolomeo lo era, ma purtroppo pare che avesse torto, quando poneva la Terra al centro dell’universo.

La Commissione ritiene che il rallentamento economico sia principalmente dovuto a ragioni strutturali, e solo marginalmente alla caduta della domanda. Se lo scarto tra deficit nominale e quello effettivo è piccolo, ne segue che l’Italia e la Francia devono intensificare le politiche di austerità. Al centro dell’universo dell’euro c’è il pareggio di bilancio.

Le idee di Tolomeo piacevano alla Chiesa, quelle degli economisti della Commissione piacciono a Berlino. Proviamo a fare come Copernico, e diciamo che la componente principale della stagnazione europea è l’assenza di domanda. Allora il drastico calo dell’inflazione è la logica conseguenza, e la politica di bilancio deve essere espansiva, indirizzata in particolare verso gli investimenti pubblici e il sostegno di quelli privati privati.

Verso la fine dell’editoriale, Buti accenna all’idea che “lo spazio fiscale, laddove esso esista, potrebbe e dovrebbe essere usato per sostenere la domanda, in particolare stimolando gli investimenti”. Tra le righe si intuisce che a Claude Juncker, nuovo Presidente della Commissione, piacerebbe che la Germania decidesse maggiori investimenti. Ha anche dichiarato di voler accelerare il varo dei famosi 300 miliardi d’investimenti. Fino ad ora sono avvolti nella nebbia più fitta.

Non si sa se sono investimenti pubblici addizionali, o investimenti pubblico-privati, già stanziati nel bilancio della Commissione o previsti dalla stessa. Non è chiaro da chi verrebbero gestiti e come verrebbero finanziati. Il famoso quantitative easing della BCE potrebbe trovare un ottimo punto di avvio proprio nel finanziamento dei 300 miliardi. Ma una rivoluzione copernicana in Germania è molto meno probabile di quanto non lo sia la fine dell’euro.

P.S. Le ultime previsioni OECD per il 2015 sono le stesse per Germania e Spagna, leggermente migliori per la Francia (0,9 invece che 0,7) e decisamente peggiori per l’Italia (0,2 invece che 0,6).

Ruggero Paladini

Economist - Professor of "Scienza delle Finanze" at University "La Sapienza" Roma; Member of the Economic Board of Insight - ruggero.paladini@uniroma1.it