L'Italia dopo la sconfitta di Cannes

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Ci sono alternative possibili alla bancarotta del paese e alla disgregazione dell’eurozona? La risposta dipende dalle autorità europee come dal (prossimo) governo italiano

Il G-20 non ha deciso nulla di significativo per contrastare le conseguenze della crisi globale e in particolare dell’euro, ma ha prodotto una decisione a suo modo storica, ponendo l’Italia  sotto la sorveglianza del Fondo monetario internazionale. “Un’umiliazione – commenta l’Economist –  per la terza maggiore economia dell’eurozona e un membro fondatore dell’Unione europea”. Cosa deve sorvegliare l’Fmi? L’applicazione di una politica che, per quello che oggi sappiamo, è destinata ad aggravare la crisi economica, moltiplicare la disoccupazione e, paradossalmente, intensificare l’assalto della speculazione dei mercati finanziari.

Per farci un’idea della situazione nella quale siamo finiti per l’inettitudine del governo vale la pena di partire dall’analisi che ci fornisce la stessa Banca d’Italia. Nell’introdurre il Financial Stability Report di novembre, il neo-governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco scrive che il peggioramento delle prospettive di crescita a livello globale hanno contributo a intensificare le tensioni sui mercati finanziari. “Queste tensioni – specifica – hanno  coinvolto l’Italia, provocando un significativo aumento dei suoi spread sovrani… A giudizio degli investitori, l’economia italiana  soffre di un elevato debito pubblico e di una bassa crescita”. Due circostanze, dunque. che sommandosi hanno rafforzano l’attacco dei mercati finanziari.

Ma il governatore aggiunge anche alcune considerazioni che, per l’autorevolezza della fonte, hanno un grande rilievo. L’Italia – scrive –  può presentare una “serie di elementi di forza”, come “il trend verso il consolidamento dei conti pubblici, il basso indebitamento del settore privato, l’assenza di squilibri nel mercato immobiliare, un limitato debito estero” (traduzione di chi scrive). Che cosa dedurre dalle affermazioni del governatore? Il debito è un problema come, del resto, lo è stato in passato, ma il contenimento del disavanzo in atto e la prospettiva del suo azzeramento lo pongono per la prima volta su un sostanziale percorso in discesa.

Tutto bene, dunque? No, per il secondo aspetto critico, evocato da Visco e analizzato più dettagliatamente nel menzionato Financial Stability Report . Qui leggiamo che “Il peggioramento delle prospettive di crescita hanno moltiplicato i timori… che la fase di una persistente debolezza dell’economia globale si ripercuota sui consumi e le scelte di investimento… Nella valutazione degli investitori – scrivono gli autori del Rapporto – l’Italia è penalizzata dal suo elevato debito pubblico e prima di tutto (corsivo mio) dalla bassa crescita”.

Dunque, non il debito in quanto tale, ma la mancanza di crescita è l’aspetto più minaccioso della crisi e la “giustificazione” dell’attacco dei mercati finanziari. Ma qui si pone una semplice ma ineludibile domanda. In che rapporto stanno le prescrizioni della “lettera” della Bce – la cui applicazione è ora sottoposta alla sorveglianza delle autorità finanziarie comunitarie e internazionali – con il problema centrale della crescita? La risposta è che non vi è nessun rapporto. Se non quello di un peggioramento della situazione sull’esempio di quanto è già accaduto in Grecia.

Vediamo due punti centrali della lettera della Bce e del grottesco “compitino” del governo Berlusconi inviato alla Commissione europea: mercato del lavoro e pensioni. Liberalizzare i licenziamenti, quando si annuncia drammaticamente la fine della Cassa integrazione per centinaia di migliaia di lavoratori senza prospettive di lavoro, è una misura priva di senso economico e socialmente disastrosa. Quanto alle pensioni si oscura il fatto che la Commissione europea ha più volte sostenuto che il sistema italiano riformato è per i prossimi decenni uno dei più stabili nell’Unione. E la Ragioneria dello Stato ha calcolato che, a partire dal 2014, la tendenza della spesa è in discesa per un quindicennio e che, dopo una breve oscillazione, riprenderà a scendere fino a tutta la metà del secolo. Non si tratta di una terapia per contrastare la crisi, ma di misure tratte dall’armamentario ideologico dominante destinate per un verso ad aggravare la crisi, per l’altro a rafforzare l’attacco della speculazione dei mercati finanziari, come di fatto si sta verificando.

C’è un’alternativa all’irragionevolezza di questa politica? Secondo alcuni tra i più accreditati economisti e commentatori economici come Martin Wolf del Financial Times, Paul Krugman, gli editorialisti dell’Economist, la Bce - dopo il fallimento di realizzare un effettivo sistema di Eurobond - dovrebbe agire da prestatore di ultima istanza con l’intento di proteggere i debiti sovrani dagli assalti della speculazione finanziaria, e così facendo scongiurare il possibile collasso delle banche (soprattutto francesi e tedesche) piene di titoli pubblici in sofferenza.

“L’offerta di un illimitato sostegno ai governi senza problemi di solvibilità – scrive l’Economist – avrebbe avuto di gran lunga la possibilità di risolvere la crisi nei mesi scorsi, e resta ancora oggi la migliore delle opzioni”. Secondo gli stessi commentatori, Draghi, pienamente giustificato da una situazione di emergenza e dall’obbligo della Bce di adottare misure necessarie alla stabilizzazione dell’euro-sistema, dovrebbe sfidare l’opposizione tedesca, puntando sulla maggioranza dei consensi del Direttorio. Come risultato, I tassi d’interesse sarebbero mantenuti entro limiti tollerabili, i rischi di default dell’Italia o della Spagna sarebbero scongiurati e l’eurozona uscirebbe dal tunnel di una possibile disgregazione. Una linea controversa a livello europeo? Forse, ma non si vede perché rassegnarsi alle soluzioni peggiori. 

C’è di più. Se potessimo aspettarci una linea razionale dalle autorità centrali dell’Unione, allora potremmo immaginare una “lettera” della Bce rivolta al governo italiano (augurabilmente, quello dopo Berlusconi, poniamo Monti, o dopo le elezioni, poniamo Bersani), nella quale si raccomandino all’Italia due misure radicali quanto di sicura efficacia: l’imposizione di una patrimoniale straordinaria e un attacco concentrico all’evasione per accumulare le risorse necessarie a un rilancio degli investimenti e alla ripresa della crescita e dell’occupazione. Sono misure impossibili? Se sì, per quali ragioni? E se non lo sono perché la sinistra non li fa propri a livello nazionale ed europeo?