Pattinando su una sottile lastra di ghiaccio europea

Sottotitolo: 
Perporre un freno agli attacchi speculativi, bisognerebbe affermare con chiarezza se è ammesso il default di un paese dell'eurozona o se s'intende andare verso la ristrutturazione del debto.  L'indeterminatezza aggrava le spinte speculative.

 Il primo Ministro portoghese, José Socrates, il 6 aprile ha chiesto un aiuto finanziario al Presidente della Commissione Europea Manuel Barroso, portoghese anch’egli. Il giorno prima le banche portoghesi avevano dichiarato di non essere in grado, o comunque non volere, acquistare i titoli governativi; Socrates quindi, che aveva resistito alle pressioni del Ministro delle Finanze Fernando Texeira dos Santos, aveva deciso di rivolgersi al EFSF (European financial stability facility).

Ciò accadeva pochi giorni dopo il Consiglio europeo del 24-25 marzo, per cui ci si può chiedere se esista una connessione tra I due eventi. Il Consiglio ha infatti deciso che da giugno 2013 un fondo, denominato European Stability Mechanism (ESM) succederà al EFSF. L’ESM raccoglierà risorse fino a 700 miliardi di euro, con una capacità di prestito per 500 miliardi (la differenza serve da garanzia), ma il punto più importante è che si prevede esplicitamente la possibilità di ristrutturazione del debito. Il fatto che questa ristrutturazione venga definita come “ordinata” non cambia la sostanza delle cose: si tratta di una riduzione del debito, un allungamento dello stesso con riformulazione dei tassi; in sostanza i creditori avranno una perdita, almeno parziale, cioè quello che viene chiamato  bondholder haircut. E chi sono i possessori dei titoli pubblici della Grecia, Irlanda o Portogallo? Principalmente le banche tedesche, francesi, britanniche e spagnole.

Non deve qundi sorprendere che I mercati finanziari siano così nervosi. Negli ultimi due mesi gli spread (nei confronti dei titoli tedeschi) dei titoli dei paesi sunnominati sono continuamente cresciuti, mentre quelli spagnoli ed italiani hanno incominciato a flettere. E’ anche interessante notare che il maggiore spread nel caso del Portogallo non è sui titoli a dieci anni (384 punti base) ma a due anni (583 punti base) . Gli operatori finanziari preferirebbero uscire fuori da questa incertezza, vuoi con una dichiarazione da parte dei paesi euro che non sarà consentito un default di nessun paese membro, o un’operazione di immediata ristrutturazione del debito. Vari commentatori hanno notato che la politica di “comprare tempo” da spazio agli attacchi speculativi.

 La Germania e gli altri paesi i cui titoli godono della “tripla A” vogliono ottenere il massimo sforzo possibile da parte dei paesi in difficoltà, e l’EFSF ha finanziato Grecia ed Irlanda con uno spread maggiore di duecento punti base, in modo da mostrare che i paesi “irresponsabili” non vengono premiato per il loro comportamento. E’ da notare che invece nei confronti delle banche il comportamento è stato molto diverso, con la BCE che ha finanziarto fino ad ora a tassi molto bassi. Come conseguenza Eurostat prevede che Grecia e Portogallo avranno quest’anno una crescita negativa, rispettivamente -3% e -1%, ma l’Irlanda avrà appena un +0,8%. Non è sorprendente che un sondaggio recente dia a George Papandreu una riduzione del consenso al 35%.


 In realtà, i tre paesi hanno alle loro spalle delle storie molto diverse. Guardando alla fine del 2007, quando la crisi finanziaria era nella sua fase iniziale, se ci concentriamo su tre variabili, abbiamo:   
  
                                                        Grecia                 Irlanda                         Portogallo

1997-2007 tasso di crescita         alto                    molto alto                      basso

2007           debito pubblico           alto                    molto basso                 molto basso

2007            debito privato            molto basso     molto alto                      medio               

 

La crisi finanziaria ha agito come una specie di notte hegeliana dove tutti debiti pubblici sono alti. Ora è ovvio che il rapporto debito-pil (sia pubblico che privato) non può crescere indefinitamente, ma il punto fondamentale è come realizzare un adeguato tasso di crescita per tutti i paesi europei, e in particolare per quelli che sono sotto esame, in modo tale da stabilire un prospettiva realistica di stop all’aumento del rapporto. La risposta ufficiale dell’UE è che ciascun paese deve tagliare la spesa pubblica (e se necessario aumentare le imposte) al fine di ristabilire la fiducia, e con essa far riprendere i consumi e gli investimenti. Ma è molto più facile che si realizzi un circolo vizioso, che vediamo già in atto in Grecia: taglio del deficit → diminuzione della crescita → nuovo taglio del deficit e così via.

  Ma, ammesso e non concesso che tutta l’eurozona diventi simile alla Germania, cioè una economia export-led, la conseguenza, a livello globale, sarebbe che  gli squilibri globali risulterebbero ancora più acuiti; l’eurozona si affiancherebbe alla Cina, Giappone e altri paesi con forti attivi della bilancia commerciale, cui inevitabilmente dovrebbe corrispondere un passivo ancora maggiore degli USA. In questo modo di aprirebbe la strada alla prossima crisi finanziaria mondiale. 

Ruggero Paladini

Economist - Professor of "Scienza delle Finanze" at University "La Sapienza" Roma; Member of the Economic Board of Insight - ruggero.paladini@uniroma1.it