Punizioni esemplari

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Una parte della classe dirigente europea vede Grexit come la soluzione preferita, altri come una spiacevole conseguenza dell'intollerabile indisciplina del governo Tzipras.

Il giovane Alessandro (prima di diventare Magno), da poco divenuto capo dei macedoni, si accinge a consolidare i confini a nord, quando apprende che Tebe ed Atene si sono ribellate (pare per la falsa notizia della sua morte). Fulmineamente Alessandro inverte la marcia, assedia e distrugge la città di Tebe (salvando solo la casa di Pindaro). Atene si piega al suo volere. Da notare come non sia direttamente Alessandro Magno a decretare la distruzione di Tebe ma la Lega corinzia, di cui Alessandro è il comandante supremo.

Veniamo ai giorni nostri, e al braccio di ferro tra Bruxelles (Berlino) e Atene. A cavallo tra maggio e giugno sembrava che l’accordo fosse cosa fatta. Poi venerdì 5 giugno Tsipras, nel suo discorso al Parlamento greco respinge le proposte della Commissione. Juncker si offende. Eppure se guardiamo alle proposte sull’avanzo primario formulate dalla Commissione e quelle invece formulate dal governo greco, notiamo qualche cosa di strano:

                                Percentuale di avanzo primario sul PIL

Anni

Commissione europea

Governo greco

2015

1

0,6

2016

2

1,5

2017

3

2,5

2018

3,5

3,5

 

 

 

 
Entrambe le proposte convergono nel 2018 alla stessa percentuale, e le differenze sono al massimo di mezzo punto. La Commissione ha ridotto di un punto le sue pretese, dato che in precedenza l’avanzo primario doveva arrivare al 4,5.

Ma quando entriamo nel dettaglio, le differenze si manifestano subito. La Commissione vuole unificare le due aliquote IVA del 6,5% e 13% all’11%, mentre la proposta del Governo greco è di diminuire l’aliquota ridotta al 6%, ridurre all’11% la seconda, lasciando al 23% quella maggiore. Per quanto riguarda le pensioni la Commissione vuole una stretta immediata sui pensionamenti anticipati, che, insieme ad altre misure, realizzino un taglio di spesa di un punto di PIL. La pretesa di Bruxelles (Berlino) di un sistema pensionistico in pareggio è stupefacente. Con un crollo dell’occupazione e dei salari è ovvio che i contributi si riducano; del resto il sistema pensionistico tedesco si regge su cospicui trasferimenti dal bilancio pubblico.

Il Governo greco propone un approccio più graduale, con un aumento dell’età di pensionamento media da 60,6 (2016) a 63,1 nel 2020. Comunque nel 2016 la misura dovrebbe dare circa mezzo punto di PIL, 900 milioni.   Altri due punti di differenza importanti riguardano le reintroduzioni della contrattazione collettiva e l’aumento del salario minimo, presenti nel documento greco e ovviamente assenti in quello di Bruxelles.

In sostanza le misure proposte dalla Commissione sono esattamente le stesse che vengono proposte a tutti i paesi europei; tagli di spese, aumenti delle imposte sui consumi, compressione salariale; in Irlanda la ricetta ha funzionato. Ma la quota delle esportazioni irlandesi supera il livello del PIL (110%), mentre quelle greche sono solo il 30%, e per la metà di prodotti agricoli. La Commissione non sembra sfiorata dall’idea che una manovra restrittiva di due punti di PIL determini una nuova caduta dell’economia; che si ripeta cioè quello che è successo negli ultimi cinque anni.

 Il governo greco propone invece un sostegno ai redditi più bassi, che porti ad un aumento dei consumi, e quindi del PIL; a sua volta ciò determinerà un aumento delle entrate fiscali. Peraltro nel piano del governo greco vi sono anche aumenti di imposte sui redditi più alti, sia a livello individuale che delle grandi imprese.

In sostanza lo scontro avviene sulla linea dell’austerità imposta col fiscal compact: fare i compiti a casa. Qualunque sfida all’austerità deve essere respinta, anche se dovesse portare alla Grexit. Punire Atene per ammonire Roma, Madrid, Lisbona o qualunque altra capitale. Le ultime notizie dicono che Tsipras ha proposto di portare l’avanzo primario a 0,75% nel 2015 e a 1,75% nel 2016. Inoltre ha proposto di portare dal 6% al 7% e dall’11% al 12% le aliquote IVA (lasciando l’aliquota più alta al 23%), ma Juncker non è soddisfatto.

Probabilmente una parte della classe dirigente europea vede Grexit come la soluzione preferita, altri come una spiacevole conseguenza, dovuta alla cocciutaggine di Syriza, che non si vuole piegare.  I debiti alla BCE e al FMI in scadenza sono lo strumento per cercare di piegare Tsipras. di Nel giro di poche settimane vedremo se Bruxelles (Berlino) avrà vinto. Nel caso contrario si apre una terra incognita, come ha detto poco tempo fa Draghi.

Ruggero Paladini

Economist - Professor of "Scienza delle Finanze" at University "La Sapienza" Roma; Member of the Economic Board of Insight - ruggero.paladini@uniroma1.it