Uscire dalla stagnazione

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Il rilancio degli investimenti, a cominciare delle piccole e medie imprese, impone una poltica del credito finalizzata. Il governo dovrebbe elaborare una strategia d'intervento.

Finora, coloro come noi che criticavamo la stretta finanziaria come errata e pericolosa erano considerati dei pericolosi sovversivi o degli ignoranti.  Di recente, però, gli organi dell’ortodossia economica come l’Economist hanno decisamente riconsiderato la loro posizione.Il settimanale britannico che nella situazione attuale è necessario aumentare decisamente gli investimenti, almeno per tre vie. La Banca Centrale deve usare i suoi strumenti per investire in nuovi “assets” oltre a quelli normali.

L’Economist elogia la decisione della Banca d’Inghilterra di concentrarsi sull’industria piuttosto che sul mercato immobiliare. La seconda è che i politici devono rimuovere gli impacci burocratici e le distorsioni che limitano la possibilità di investire delle imprese. La terza, la più importante, il Governo deve aumentare gli investimenti pubblici, soprattutto per il trasporto pubblico. Non è forse il caso di investire largamente nelle infrastrutture necessarie, quando il costo del debito è così basso? Così conclude l’Economist. E vale la pena di osservare come sulla stessa linea si muova un membro del Comitat esecutivo della BCE, Peter Praet che, in una recente intervista al Financial Times (12 dicembre), afferma che "la BCE  garantire che la liquidità è stata utilizzata per stimolare l'erogazione di prestiti all'economia reale ..... questo potrebbe incoraggiare le banche a utilizzare qualsiasi ulteriore liquidità per concedere prestiti alle imprese e alle famiglie "

Se volessimo applicare questo modello alla situazione italiana, avremmo sicuramente una sola risposta : cominciare dal finanziamento delle imprese medio piccole. Al momento, il tentativo di risolvere la situazione economica dell’Italia vendendo delle imprese sembra essere più un’illusione che un’opportunità. Una larga parte della nostra industria è già da qualche tempo in mani non italiane, ad esempio il downstream della nostra industria petrolifera, raffinerie e quant’altro, è in buona parte nelle mani di azionisti russi. Sembra quindi che ci sia un solo strumento che prometta di tentare l’uscita dall’attuale stagnazione.

In primo luogo, dobbiamo accettare che il problema non è finanziario ma economico, cioè, che dalle difficoltà finanziarie si può uscire solo aumentando la produzione industriale e, se possibile, le esportazioni.  Ciò richiede che le imprese possano trovare le risorse per aumentare la produzione, cioè per acquistare più materie prime, o altre macchine, o per pagare più ore di lavoro, o per innovare prodotti e processi. Neanche i più puri sostenitori dell’”ABC” economico dell’Europa potrebbero condannare una simile strategia. Produrre di più e, se possibile, esportare di più, non  favorisce l’inflazione, che per altro non è oggi un pericolo reale. Né potrebbe aumentare il debito del paese e ridurne il prestigio internazionale. 

Una manovra del genere potrebbe invece ridurre la disoccupazione, il che non sta particolarmente a cuore ai tecnocrati della Commissione europea, ma neanche la loro fede religiosa nella deflazione potrebbe condurli a negare l’utilità di un aumento della produzione industriale. E’ possibile mettere in atto una strategia di questo genere? Le banche sarebbero in grado di fornire delle risorse perché le imprese aumentino e migliorino la produzione? Non dovrebbe essere così difficile, se le richieste dei produttori potessero essere presentate in modo controllabile, con la dimostrazione di ciò che si vuole fare.

Questo potrebbe essere il punto chiave di un Governo che abbia il progetto di far uscire l’Italia dalla stagnazione. Le banche non potrebbero facilmente negare le risorse, poiché la Banca Europea non lesina denaro a chi lo desidera, anche se fino ad ora non ha svolto attività di sostegno della congiuntura, come ha fatto la Banca Centrale Americana.

Fino ad ora, le aziende non hanno avuto i mezzi per aumentare la produzione e non hanno visto nel mercato attuale un segno che una produzione in aumento sarebbe facilmente venduta. Il credito alla produzione dovrebbe essere concesso a chi ha la struttura per produrre e non lavora a pieno ritmo, perché manca di risorse per comprare materie prime o per pagare più ore di lavoro e forse ha perso anche il coraggio di rischiare sul mercato. Questo dovrebbe essere il primario obiettivo dello Stato, quello di favorire un aumento della produzione, e forse dell’occupazione, con strumenti non inflazionistici, anche se, nella situazione attuale l’inflazione non è un pericolo. 

Si obietterà che un intervento del Governo – dello Stato- per creare le condizioni di una ripresa dell’economia non è consono alle regole che impediscono al Governo di influenzare l’andamento dell’economia. Secondo i teorici della deflazione, lo Stato deve interessarsi all’economia solo per mantenere quella famosa cosa che si chiama “un campo aperto a tutti e ben livellato”, un paragone che sta all’economia di oggi come un trattore sta rispetto a un bue. E’ proprio quando l’economia non riesce a progredire e rimane ferma o retrocede, che è il momento perché il Governo si offra come garante del ”credito operativo” alle imprese che intendono aumentare la produzione.

Se un Governo non prende misure di questo tipo, che non sono per nulla contrarie alla retorica sviluppata finora dai teorici della deflazione, quale altra può essere la funzione di un Governo nella situazione attuale? I nostri amici americani hanno già risposto anni fa, ed hanno avuto il grande successo di ridurre fortemente i danni della grande crisi finanziaria.  Forse adesso sarebbe il caso di fare almeno un tentativo.

Marcello Colitti

Economist. He was President of Enichem. His last book is "Etica e politica di Baruch Spinoza". Member of the Editorial Board of Insight