Covid e politcia - La logica di Letizia Moratti

Sottotitolo: 
l’alta contagiosità in Lombardia e l’insana politica sanitaria della Lombardia, gestita per decenni dalla destra, che ha mortificato la sanità pubblica a vantaggio dei privati.

“Voce dal sen fuggita”: direbbe Metastasio di fronte all’infelice uscita di Letizia Moratti al suo esordio di Assessora a Welfare e Sanità della Regione Lombardia. Chiede di far entrare il “Pil regionale” tra i parametri di priorità – già diseguale nel trattamento di Nord e Sud – nell’attribuzione regionale dei vaccini destinati all’Italia dall’Europa. Strana richiesta, specie dopo l’inaspettata comunicazione della Pfizer di dimezzare le dosi al nostro Paese. Ovviamente l’inadempienza di Pfizer provoca, oltre ai ritardi, la reazione negativa delle Regioni e la rincorsa ad accaparrarsi più dosi.

Tempestiva la protesta del Presidente De Luca: che, fino all’altra settimana, era fiero del primato nel piano vaccinale della Campania, appunto già discriminata col basso numero di dosi iniziali. Per la Moratti andrebbero vaccinati prima degl’altri i cittadini delle Regioni col Pil più alto – Lombardia in testa – onde riacquistarne l’operatività produttiva. Posizione singolare: non perché priva di logica ma perché di logica ne ha fin troppa. Esprime anzitutto il tipico atteggiamento supponente della destra al governo di varie Regioni del Nord-Italia: che ha il leghismo nel sangue e detesta il Sud. Nessuno dubita dell’interesse generale dell’intero Paese a mantenere il livello di produttività delle Regioni che più fanno crescere l’Italia, contribuendo ad abbassarne l’enorme debito pubblico.

E nessuno vuole neppure appellarsi ai valori costituzionali, come l’eguaglianza di tutti gl’italiani nei diritti alla salute e ai livelli essenziali d’assistenza. Beninteso non sarebbe un appello fuori luogo, ma  rischierebbe la ben nota risposta che i meridionali lavorano poco e invocano la Costituzione come scorciatoia vittimistica per le loro pretese. Meglio non insistere neppure sulla trita diatriba che buona parte dell’alto Pil del Nord si deve all’apporto di brillanti emigrati meridionali (più di un milione in dieci anni, secondo l’Istat), la cui fuga impoverisce il Sud e ne abbassa il Pil. E la fuga va aumentando quando aziende del Nord chiudono gli stabilimenti al Sud, licenziando i dipendenti (es. Whirlpool) o chiedendo loro di trasferirsi al Nord (es. Meridbulloni).

Manteniamo invece il discorso sul piano del cinico pragmatismo politico-economico della Signora Moratti. Certo non può sfuggirle che Lombardia e Regioni del Nord sono state, dall’inizio della pandemia, quelle più contagiate e con più vittime da coronavirus. Contagiosità e produttività allora sono legate? Se è così, piuttosto che per ragioni economicistiche, la Signora Moratti può chiedere priorità nei vaccini per maggiore contagiosità. Ma in questo caso dovrebbe fingere di dimenticare che l’alta contagiosità dipende anche dall’insana politica sanitaria della Lombardia, gestita per decenni dalla destra, che ha mortificato la sanità pubblica a vantaggio dei privati.

Certo un’eccellenza – non per tutti – tanto che i disgraziati meridionali s’indebitano per curarsi al Nord 
aumentandone  il Pil. Ora per capire la logica della Signora Moratti occorre fare qualche altra riflessione di prospettiva. La prima è che forse sarebbe interesse dell’intero Paese se vaccinazione di massa e produttività aumentassero in modo omogeneo in tutt’Italia. Più che privilegiare questa o quella Regione allora si dovrebbero privilegiare determinati settori. Per esempio la scuola, vaccinando insegnanti e alunni per far riprendere quanto prima le lezioni in presenza; o gli addetti ai trasporti, cultura e spettacolo, bar e ristoranti ecc..

Una scelta di buon senso ma al momento impraticabile, perché richiederebbe in pratica di reimpostare il piano-vaccini tra incertezze e litigi istituzionali. A fronte infatti della speranza di uscire dalla pandemia e ripartire, grazie anche al Recovery Fund – che in teoria mirerebbe a superare anzitutto le disparità Nord/Sud – si prospetta la paralisi del Governo, messo in crisi dalla più incredibile e folle scelta politica della nostra storia recente, il cui esito probabile sono elezioni anticipate. Esito catastrofico data la situazione sanitaria che s’aggrava: sia per le incombenti varianti del virus sia per il rallentamento delle vaccinazioni causato dalla Pfizer. Per la seconda riflessione non serve l’esegesi di quanto detto dalla Signora Moratti; basta coglierne lo spirito, cioè la logica di fondo: l’autonomia regionale differenziata cerca spazio politico-economico. Se ne parla meno ma è l’aspirazione costante e condivisa dall’intera destra nordista. Siccome rimane il cavallo di battaglia soprattutto della Lega, è naturale che a cavalcarlo siano i leghisti del Nord.

Ma è insopportabile che su questo cavallo salgano senza dirlo i leghisti e la destra del Sud. Adesso però, andando verso elezioni anticipate, la destra e i leghisti – del Nord e del Sud, uniti nella lotta – ci faranno conoscere su questo punto la loro posizione, visto che sono già sicuri di governare il Paese? Noi meridionali siamo curiosi di saperne di più: ma non per linee generali bensì nei contenuti specifici del problema, che per tutti è tanto cruciale quanto delicato e divisivo. Noi capiamo l’imbarazzo dei leghisti del Sud, ma essi devono capire la nostra necessità di sapere se rinnegano o no l’autonomia differenziata secondo il progetto della Lega-Nord. E per favore: prima che il gallo canti! 

( Corriere del Mezzogiorno, 24 gennaio 2021)

Mario Rusciano

Professore Emerito di Diritto del lavoro, Università di Napoli Federico II.

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