Più futuro e meno passato

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Storia, arte, tradizioni di Napoli sono ìimportanti, ma enfatizzarne l’importanza mantiene occhi e mente dei napoletani più sulla tramontata grandezza che sulla necessità di costruire un futuro di civiltà e lavoro. 

È stata bella ma è durata poco l’estasi dei napoletani per il servizio su Napoli di Alberto Angela. È stato bello per i napoletani guardare in tv nazionale le bellezze della città. È stato bello per i troppi napoletani emigrati ricordarle con nostalgia. È stato bello che, dopo quel servizio, siano aumentate le visite ai luoghi commentati da Angela (pochi rispetto alle tante nostre risorse naturali e artistiche)…..

Tuttavia, iniziando un nuovo anno, qualche sottolineatura non guasta. Sempre sul servizio di Angela un interrogativo: davvero giova ora alla città un servizio del genere? Un servizio peraltro neppure tanto originale — esclusa l’indubbia capacità del conduttore — perché altri servizi hanno già mostrato i «gioielli napoletani» (ultimamente un’altra trasmissione di Corrado Augias). Detto con franchezza, tali servizi non giovano granché: forse solo un po’ di turismo (spesso mordi e fuggi).

Bellezze, storia, arte, chiese, monumenti, tradizioni di Napoli sono sì importanti, ma sono perle (magari ingiallite perché non curate) incastonate in una collana d’infimo valore e di cattivo gusto.Enfatizzarne l’importanza mantiene occhi e mente dei napoletani più sulla tramontata grandezza del passato che sulla necessità di costruire un futuro di civiltà e lavoro. Per restare nella metafora, quelle perle andrebbero ripulite e valorizzate montandole in una collana di metallo prezioso.

Per esempio, così come sono non servono a trattenere i giovani talenti privi di occasioni di lavoro: sono disconosciuti e giustamente scappano. Non per nulla nell’era de Magistris più investimenti sono andati a «bed and breakfast» e ristoranti. Al punto che, per soddisfare la domanda turistica, i marciapiedi di tutte le strade, a danno dei pedoni, e mezza corsia del «lungomare liberato» sono occupati da tavolini e ambulanti. Chissà se dovuto all’abusivismo, al lassismo nella concessione delle licenze comunali o all’impossibilità di effettuare controlli per mancanza del personale comunale.

S’è detto tante volte che il vero problema di Napoli è la mancanza d’organizzazione della città. Altro che cultura della convivenza! L’assenza di efficienti servizi essenziali — dai trasporti agli asili-nido, dalla raccolta e smaltimento dei rifiuti ai parcheggi e alla manutenzione di strade e verde pubblico — è la principale condizione per mettere a frutto bellezze e beni artistici e monumentali. Il degrado diffuso della città pesa non solo sulla valutazione della vivibilità (Napoli sempre agli ultimi posti), ma pure sulla graduatoria delle Università.

Si sa, per esempio, che alla Federico II si svolge una ricerca d’alto livello, ma l’Ateneo non compare mai ai primi posti in Italia e in Europa proprio per l’assenza di servizi in città, che si ripercuote sull’organizzazione universitaria. È rarissimo che ricercatori napoletani — economisti; scienziati di vari settori; umanisti ecc. — vengano consultati in trasmissioni televisive delle reti nazionali.

Le carenze hanno compromesso la mentalità e aggravato l’incultura dei napoletani: abituati ad arrangiarsi, a cavarsela attraverso le reti clientelari e il familismo amorale; a preferire una classe politico-amministrativa specchio della città. Il solito notissimo circolo vizioso: il degrado della città genera individui di scarsa o nessuna coscienza civica. Quest’individui eleggono rappresentanti politici che ne soddisfino le esigenze contingenti piuttosto che contrastarne i mediocri desideri e migliorare l’organizzazione della città.

Ne risulta un terreno di coltura non solo della criminalità organizzata ma pure della corruzione diffusa, del voto di scambio, della dispersione scolastica, del lavoro nero e dello sfruttamento intensivo della manodopera da parte di gente senza scrupoli.

E allora, sfidando la sciocca accusa di vittimismo, la proposta è di fare apposite trasmissioni su tv nazionali, curate da professionisti di vaglia, sul perché la terza città d’Italia è ridotta in questo stato. Possibili temi da affrontare: 1) Le perdite subite da Napoli nelle industrie; nelle banche (a cominciare dal Banco di Napoli); negl’importanti Centri di decisione; nelle Agenzie di alta formazione. 2) Inchieste e interviste a giovani emigrati di talento, fuggiti da Napoli — e valorizzati al Nord-Italia, in Europa o comunque all’estero — per non aver trovato spazi di studio, di ricerca, d’impiego professionale di livello elevato.

Ne uscirebbero storie non scritte e poco conosciute, ma quanto mai istruttive. Farebbero guardare meno al passato e più al futuro e potrebbero così orientare anche la difficile azione del Sindaco Manfredi. La conoscenza del passato non può fermarsi ai monumenti, ma deve riguardare esperienze concrete delle persone costrette a fuggire dalla terza città d’Italia.

(Estratto dell’articolo pubblicato sul “Corriere del Mezzogiorno” il 2 gennaio 2021)

Mario Rusciano

Professore Emerito di Diritto del lavoro, Università di Napoli Federico II.