Stati Uniti e Europa nel nuovo scenario mediorientale

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Le nuove vie del petrolio e la "exit stratgy" dai diversi fronti di guerra hanno modificato l'impegno degl Stati Uniti nel Medio Oriente; ma continua a mancare una coerente strategia europea nei confronti della regione:

Fino a qualche anno fa, Il Medio Oriente e il Nord Africa erano importanti principalmente per il livello e la qualità della loro produzione di petrolio  greggio. I paesi del Golfo erano, e sono ancora, i maggiori produttori, dato il volume delle loro riserve, ma quelli del Nord Africa erano anch’essi inclusi, e l’intero continente africano prometteva nuove scoperte. Gli Stati Uniti importavano greggio, e gli esperti consideravano con preoccupazione il fatto che gli Stati Uniti fossero in una situazione in cui dipendevano da una fonte petrolifera lontana, in un altro Emisfero, e in un’area non particolarmente quieta, e non molto stabile.

“Teniamo aperte le vie del petrolio “ era la maggior preoccupazione dei petrolieri e degli esperti di politica estera. Naturalmente, il fatto che il flusso del petrolio dal Medio Oriente continuò a fluire tranquillamente verso il mercato mondiale e verso gli Stati Uniti in tutte le possibili situazioni, inclusa la lunga guerra Iran - Iraq, non sembra essere stato considerato a sufficienza.  Il tentativo dell’Iraq di allargare il suo territorio invadendo il Kuwait fu considerato una minaccia.

La risposta fu all’inizio un grande Esercito Internazionale che rapidamente ricostituì lo status quo; e poi una vera e propria guerra, durante la quale il petrolio continuò a fluire normalmente, anche se a prezzi più alti. Nel frattempo, una nuova tecnologia, basata sul “fracking” (rottura) delle formazioni di scisti bituminosi per liberare le particelle di olio e di gas ivi incluse, fu sviluppata negli Stati Uniti, producendo un forte aumento della produzione interna del Nord America. Gli Stati Uniti non solo hanno ridotto le importazioni di petrolio, ma stanno diventando un esportatore internazionale di petrolio e di prodotti petroliferi, e di gas. Il cambiamento è avvenuto in un momento in cui gli USA rivedevano le proprie opzioni internazionali, dato che venivano alla luce i magri risultati della guerra nel Medio Oriente.

Questo cambiamento vuol dire che, adesso, gli Stati Uniti non garantiranno più alcun paese e il problema che li preoccuperà maggiormente sarà non il flusso del petrolio, ma il potenziale sviluppo nucleare dell’Iran. Nel frattempo, esplosero le Primavere  Arabe non solo nei piccoli paesi, ma anche in Libia Egitto e Siria, il che rese gli Stati Uniti sempre meno disponibili a prendere posizione in un ambiente così incerto. In Libia, gli Stati Uniti fecero il primo passo, quello più importante, ma lasciarono ad altri, e specialmente alla Francia, la completa distruzione dello Stato di Gheddafi. In Siria la primavera prese la forma di una rivolta contro il Governo assoluto gestito dal figlio del dittatore morto. Ma la Siria ha un grande amico nella Russia, ed anche negli altri paesi arabi che seguono la versione “Shia” dell’Islam.

La rivolta in Siria contro la dittatura ha ridefinito tutte le posizioni. Il problema non era quello di garantire il flusso del petrolio, ma di prendere posizioni nel Medio Oriente fra i vari paesi e, ancor più importanti, fra le differenze religiose.  L’Arabia Saudita, l’alleato storico degli Stati Uniti è la maggior area dell’ortodossa religione mussulmana, quella cosiddetta Sunny, mentre l’Iran e la Siria seguono un’altra versione della religione, la “Shia “, che domina anche in Iraq, un paese dove un’importante popolazione “Sunni” è esclusa dal Governo, ed è pronta a prendere le armi contro di esso. Quest’allineamento mette l’Arabia Saudita in una posizione difficile.

Il regime siriano è sempre stato nemico mortale dei Sauditi, ma questi ultimi se prendono una posizione attiva sul problema siriano rischiano di entrare in una guerra attualmente combattuta da Al Qaeda, un gruppo di Sunny, che ha un obiettivo rivoluzionario ed è il maggior nemico delle Organizzazioni di sicurezza americane. Tutto ciò mette i Sauditi in una posizione molto difficile.  La Siria è appoggiata dal suo amico di sempre, la Russia, che ha in un certo modo ridotto la difficoltà della posizione americana di fronte alla posizione dura assunta dalla Francia, favorevole a un intervento diretto dell’Europa e degli USA contro l’attuale traballante governo della Siria, e considerava la posizione americana debole anche verso lo sviluppo nucleare dell’Iran. In breve, si potrebbe concludere che il ridotto coinvolgimento degli Stati Uniti nel Medio Oriente, e le varie primavere arabe hanno creato una situazione caotica nel cuore del Medio Oriente, con il pericolo di una guerra di religione fra le diverse versioni dell’Islam. In una situazione così instabile, non è possibile una qualsiasi conclusione.

Vi sono tuttavia alcune considerazioni relative  alla posizione dell’Europa. Oltre  alla Francia, nessun paese Europeo ha preso una posizione. Il Medio Oriente e il Nord Africa sono più vicini all’Europa degli USA e il traffico fra le due coste dovrebbe interessare agli Europei anche oltre il movimento del petrolio. Tuttavia, il paese che ha assunto la leadership dell’Europa, la Germania, non ha nessun interesse diretto in una situazione così difficile: essa esporta in tutto il mondo, e particolarmente verso la Russia, uno dei più grandi produttori di petrolio del mondo.

L’Europa ha guardato le Primavere  Arabe come se guardasse un film, interessante, ma non importante al punto di elaborare una politica in materia. L’assenza dell’Europa in quest’area muove dalla debolezza dei paesi più direttamente interessati.  Italia e Spagna, poiché la Francia sembra più interessata all’Africa Centrale. La Spagna e l’Italia sono in uno stato di confusione, senza la capacità di definire una posizione o, in ogni caso, di presentare il problema agli altri membri dell’Europa.  

Marcello Colitti

Economist. He was President of Enichem. His last book is "Etica e politica di Baruch Spinoza". Member of the Editorial Board of Insight