Il lupo di oggi e le tigri di domani

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Il deficit di bilancio può essere un grosso problema, ma è lo squilibrio esterno che potrebbe portare alla dissoluzione dell’UEM se forte azione correttiva non è presa al più presto

E 'triste e sorprendente che, tra il diluvio di commenti e lettere alla Grecia sui giornali europei delle ultime settimane, nessuno abbia colto il punto cruciale della crisi. La maggior parte dei commentatori trattano i problemi interni della Grecia e degli altri membri meridionali dell'Unione Monetaria Europea (EMU) come se fossero totalmente  estranei al commercio estero all'interno e all'esterno dell'UEM. Ma anche i pochi che mettono in luce gli enormi squilibri commerciali interni all’UEM e il loro contributo alla creazione di un’insostenibile situazione fiscale non hanno fornito la base per un giudizio corretto sugli errori e i loro responsabili. Il deficit di bilancio può essere un grosso problema, ma è lo squilibrio esterno che potrebbe portare alla dissoluzione dell’UEM se forte azione correttiva non è presa al più presto. Fino a quando i principali colpevoli sono in grado di nascondersi dietro la  inconsistente mainstream teoria della flessibilità dei mercati del lavoro, una forte azione politica non è alle viste.

Il disavanzo delle partite correnti della Grecia aveva già raggiunto quasi il 15 per cento del PIL nel 2007 ed è sceso leggermente a causa della caduta delle importazioni durante la recessione. Che cosa è andato storto? Tra il 2000 e il 2010, le esportazioni nette della Grecia sono state deboli mentre domanda interna è aumentata, secondo le stime della Commissione europea con un ritmo del 2,3 per cento. Le retribuzioni reali pro-capite sono cresciute dell’1,9 per cento annuo, leggermente meno dlela produttività. I costi del lavoro per unità di prodotto che costituisce la misura più rilevante dal punto di vista della competitività internaizonale all’interno di un’unione monetaria , sono cresciute a  un tasso dell’2,8 per cento l’anno e hanno raggiunto 130 nel 2010 sulla base di 100 nel 2000.

D'altra parte, il più grande paese dell'Unione, la Germania, ha accumulato nello stesso periodo un enorme surplus delle partite correnti, giunto all’8 per cento nel 2007. Che cosa è andato bene? Tra il 2000 e il 2010, in Germania le esportazioni nette sono esplose, ma la domanda interna è stata stagnante, con un aumento insignificante annuale dello 0,2 per cento. Il ristagno delle retribuzioni – una crescita dello 0,4 per cento ben al di sotto della crecita della produttività – spiega la ridotta domanda interna, senza che alla moderazione salariale abbia fatto seguito la prevista creazione di occupazione. I costi unitari del lavoro sono aumentati in Germania solo marginalmente nel decennio, raggiungendo un livello di 105 nel 2010.
Ciò significa semplicemente che la produzione di un bene o un servizio analogo che era prodotto a parità di costo nel 2000 in tutti gli Stati membri dell'UEM, e potevano essere venduti allo stesso prezzo, ora nel confronto con la Germania costa il 25 per cento in più se proviene dalla Grecia. La differenza è simile per Spagna, Portogallo e Italia, il 13 per cento per la Francia e il 23 per cento per l'Irlanda. Ora, alcuni,  come il presidente e il capo economista della Banca centrale europea, ritengono che la differenza non è rilevante in quanto la Germania partiva da una condizione di svantaggio competitivo prima dell'inizio dell’UEM,  fondamentalmente dovuto all’onere della unificazione tedesca. Tuttavia, la logica dice il contrario.
Se la vostra politica restrittiva comporta una condizione di svantaggio competitivo non si vede come poi possa dar luogo a un vantaggio competitivo. Ma questo è esattamente il caso tedesco. La Germania è l'unico grande paese in Europa che è stato in grado di stabilizzare nel primo decennio di questo secolo la propria quota del mercato globale, mentre tutti gli altri hanno l’hanno vista ridursi.

Ciò porta all’argomento finale di difesa della posizione tedesca, vale a dire che l'elevata disoccupazione giustificava e ancora giustifica  il dumping salariale. Sbagliato di nuovo, la disoccupazione in Germania è diminuita ma è ancora alta come in altri paesi poiché il gap della domanda interna ha compensato l’espansione di quella esterna. Inoltre, i paesi che cercano di comprimere per ragioni interne i salari non dovrebbero aderire a un’unione monetaria, se non possono, o non intendono, convincere tutti gli altri a fare lo stesso. Peggio ancora, la Germania ha accettato di entrare in un unione monetaria con un obiettivo di inflazione prossimo al 2 per cento e non fino al 2 per cento (close to 2 per cent and not up to 2 per cent). Dato questo obiettivo e l'alta correlazione tra costi unitari del lavoro e l'inflazione, è stata una chiara violazione del comune obiettivo d’inflazione dell’UEM da parte del governo tedesco di esercitare un'enorme pressione sulle trattative salariali, all’origine di una crescita del costo unitario del lavoro vicino allo zero.

I funzionari greci si sbagliano, se ritengono che ci sarà una soluzione greca all'interno dell’UEM e senza una recessione. Se la Germania continua in una politica restrittiva, e tutto fa ritenere che continui, la Grecia avrà bisogno di tagliare i salari ben oltre il settore pubblico di cui oggi si discute. Il risultato sarà la deflazione e la depressione per l'Europa nel suo insieme, senza una fenice che risorge dalle ceneri fino a quando la correzione della sopravvalutazione attraverso la svalutazione sarà impossibile. Ma non è solo una tragedia greca. Se l'Europa non troverà un accordo per  un'azione concertata con le decisioni esplicite sulle linee di adeguamento dei salari per molti anni, anzi per decenni, per riequilibrare il suo commercio, tutti i cosiddetti paesi PIIGS, di cui sopra,  dovranno prendere in considerazione la fuoruscita dall’UEM. Nessun paese al mondo può sopravvivere economicamente, con tutte le sue imprese, di fronte a enormi svantaggi comparativi nei confronti del loro più importante partner commerciale.

(Traduzione a cura della redazione di Insight)

* L'autore è direttore della divisione su Globalizzazione e Sviluppo Strategie a UNCTAD, Ginevra, ed è stato vice ministro delle finanze di Germania all'inizio della UEM. (www.networkingideas.org  

Heiner Flassbeck